Casella esulta: «E' stata un'impresa»

Intervista all'italiano che ha vinto la medaglia d'oro a Belgrado nella categoria -86 kg.
Casella esulta: «E' stata un'impresa»
Andrea Ramazzotti
7 min

MILANO - Gabriele Casella ha vinto la medaglia d’oro ai Mondiali di Kickboxing e ci ha raccontato le sue sensazioni.

Come è nata questa partecipazione ai mondiali di Kickboxing subito dopo l’impegno internazionale di Barcellona in “The Circle”?
La partecipazione a questi mondiali di K-1 (categoria -86kg, ndr) è dovuta a più fattori: potevo gareggiare nella mia categoria di peso, che è quella degli 81 kg, non avevo partecipato ai campionati italiani  e in più nella categoria degli 86 Kg l’Italia non aveva alcun atleta. Insomma una serie di circostanze fortuite…

Il caso gioca a suo favore?
Se avesse giocato a mio favore avrei combattuto negli 81 kg, ma non è solo il caso… ll direttore tecnico della nazionale di K1, Giampietro Marceddu, ha fatto l’impossibile affinché potessi partecipare ai Mondiali nella categoria degli 86 kg priva di atleti italiani.

Non aveva paura di avventurarsi in un terreno nuovo dove sulla carta sembrava inevitabile la sconfitta, con atleti di maggiore potenza?
L’ottimo risultato del match internazionale di “The Circle” con la vittoria nei confronti del fighter Thai mi aveva dato la certezza che potessi accettare la nuova sfida e vincere. Mi ricordo che la notte in cui ho deciso di partecipare, quando sono andato a letto, non riuscivo a dormire perché nella mia testa mi martellava il dubbio che ormai non ci fossero più i tempi tecnici per potermi inserire nei Mondiali visto che ormai erano state fatte le liste dei partecipanti e acquistati i biglietti aerei.

C’è stata dunque una concatenazione di eventi che ha reso ancora più importante questo titolo di campione del mondo.
Certamente. Proprio ieri uno sponsor mi diceva di non dimenticarmi che ho vinto la medaglia d’oro nel mondiale WAKO (l’unica federazione mondiale della kickboxing riconosciuta dal Coni, ndr) con il più alto numero di partecipanti e di campioni, ed ho vinto in una categoria che non è la mia, ovvero quella degli 86kg . Pensate solo che al peso la mattina facevo 82.5 vestito con la tuta, quindi regalavo parecchi chilogrammi agli avversari; cosa di non poco conto in uno sport come il nostro.

Come sono stati gli incontri a Belgrado?
Gli incontri sono stati tutti duri. Nel 1° match ho combattuto contro un russo molto forte e molto simile a me nello stile di combattimento: buona guardia, capacità di utilizzare molto bene sia le braccia che le gambe ed in particolare le ginocchia. Ho vinto con un buon stacco di punteggio riconosciutomi all’unanimità da tutti e tre i giudici. Dopo l’incontro, fuori dal ring  ci siamo salutati ed abbracciati come fratelli.

Il secondo match l’hai vinto per abbandono dell’avversario bulgaro?
Sì, in questi tornei oltre a non perdere bisogna riuscire a non riportare eccessivi traumi fisici. Il 3° incontro è stato contro uno spagnolo molto preparato. Ho vinto per ko con un gancio sinistro alla 2° ripresa, dopo aver svolto un match curato nei minimi dettagli. La finale con il turco è stata molto dura: al finire della 1° ripresa ho temuto per un attimo di poter perdere. Non riuscivo a far entrare i colpi su un avversario molto mobile ed insidioso. E’ lì che ho tirato fuori tutte le energie residue, con uno sforzo psichico non inferiore a quello fisico. E grazie all’aiuto del mio maestro Paolo Liberati, venuto appositamente per la finale da Roma, e dal direttore tecnico azzurro Giampietro Marceddu, grazie ai consigli che dal borgo ring sostenevano le mie azioni, sono riuscito a vincere nettamente, sovrastando il fortissimo avversario turco.

Come hai fatto, dopo 3 match di questo livello, a non riportare segni sul viso e nessun trauma eccessivo alle gambe?
Questo dipende dal mio stile di combattimento che è uno stile che si basa sulla precisione e l’intelligenza, sia in attacco che in difesa, anticipando l’avversario il più delle volte e non lasciandogli punti di riferimento.

Gli allenamenti sono stati duri?
Gli allenamenti sono stati messi a punto solo due settimane prima della partenza decisa all’ultimo. Molto intensi, spesso due volte al giorno. Mattina potenziamento pesi e sera allenamento di kick boxing. Allenamenti notturni di sabato, corse al lago di 11 km la domenica pomeriggio. Un susseguirsi di riposo e allenamento che lasciava molto poco spazio ad altre cose. La concentrazione durante l‘evento è stata massima e la voglia di non fallire creava in me forte difficoltà nel prendere sonno le sere prima degli incontri.
 
Chi devi ringraziare per questa vittoria?
Desidero ringraziare innanzitutto i fratelli Massimo e Paolo Liberati che hanno saputo creare le occasioni per farmi crescere. Con il mio maestro Paolo, in particolare, ho un eccezionale rapporto ed un’intesa mentale che ci consente di comunicare quando io combatto sul ring e lui mi consiglia dall’angolo.  Ringrazio anche il mio primo maestro, Vito Navetta, con cui ho iniziato all’età di 15 anni, e che tutt’ora ci tiene a seguirmi a distanza. Lui ha fatto sì che questa mia passione potesse trovare adeguati contesti di sviluppo, mettendomi nelle mani del mio attuale maestro Paolo Liberati. Un ringraziamento sentito al direttore tecnico della Nazionale Giampietro Marceddu che mi avrebbe voluto con lui fin dall’anno scorso, quando mi aveva visto vincere l’oro nel campionato europeo WAKO full contact -81kg e che in questo mondiale mi è stato all’angolo insieme all’altro bravo direttore tecnico nazionale, Fabrizio Bergamini. Ci siamo trovati bene fin da subito, vista la loro disponibilità e il rispetto reciproco.

Quale clima ha trovato in nazionale?
Come l’anno scorso c’era una bel clima tra atleti provenienti da tutta Italia e con notevoli differenze culturali, anche se non erano presenti molti miei compagni di cui ho sentito la mancanza.

Un punto d’arrivo questa vittoria indimenticabile?
Ripensando a quel che è accaduto faccio fatica tutt’ora a realizzare che sia vero. Non sento però questa vittoria come un punto d’arrivo, bensì come un primo traguardo che corona tutti i miei sacrifici compiuti sino ad oggi e che apre un nuovo inizio al mio percorso. Come ho già detto in diverse interviste, è dal mio primo combattimento nel 2011 che decisi che questo sport dovesse diventare il principale riferimento della mia vita.

Ha qualcosa da aggiungere?
I combattenti dell’est E gli orientali guardano con una certa aria di sufficienza gli italiani prima degli incontri. Sono ben contenti quando nei sorteggi si trovano di fronte ad un avversario italiano che pensano di liquidare più facilmente rispetto ad un ucraino o russo (tra gli atleti più premiati nelle manifestazioni internazionali, ndr). Sono contento di aver dimostrato ai migliori atleti di tutti i continenti che in Italia non siamo soltanto il paese del bel canto e del buon cibo.


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