Iperplasia Prostatica Benigna: la terapia endoscopica
Novembre è il mese dedicato alla prevenzione maschile, con particolare attenzione alla salute urologica. Ne parliamo con il professor Carlo Molinari, Direttore dell’UOC di Urologia dell’Ospedale dei Castelli (ASL Roma 6), Professore di Urologia all’Università Tor Vergata di Roma e specialista presso UPMC Salvator Mundi International Hospital. Con lui approfondiamo una delle patologie urologiche più comuni tra gli uomini: l'iperplasia o ipertrofia prostatica benigna (IPB).
Si tratta di una condizione che può interessare chiunque, ma il rischio aumenta con l’età e in presenza di fattori come la familiarità o altre malattie croniche, ad esempio quelle cardiovascolari o il diabete di tipo 2.
«L'ipertrofia prostatica benigna (IPB) - spiega il Professor Carlo Molinari - è un ingrossamento non canceroso della prostata che può insorgere con l'avanzare dell'età, generalmente dopo i 50 anni. Si tratta di una condizione legata all’invecchiamento cellulare che può determinare un vero e proprio ostacolo di tipo meccanico-idraulico: la prostata aumentata di volume comprime l'uretra, rendendo difficoltoso il flusso urinario e causando sintomi come aumento della frequenza minzionale, urgenza e necessità di alzarsi di notte per urinare.»
Professore, quali sono i campanelli d’allarme che dovrebbero spingere a consultare uno specialista?
«Uno dei segnali più comuni – sottolinea il professor Molinari – è la frequenza urinaria aumentata, cioè la necessità di urinare più spesso, sia durante il giorno che la notte. A questo sintomo possono associarsi difficoltà nello svuotare completamente la vescica, un getto urinario debole o intermittente e la persistente sensazione di non aver terminato del tutto la minzione.»
Come si effettua la diagnosi?
«La diagnosi si basa su un esame obiettivo e su un serie di test strumentali. Il primo passo è spesso un’esplorazione rettale, un esame fisico semplice ma fondamentale, che consente al medico di valutare le dimensioni e la consistenza della prostata. Tra gli esami strumentali, possiamo eseguire l’ecografia vescicale e prostatica sovrapubica, utile per misurare con precisione il volume della ghiandola, e la uroflussometria, che serve a valutare la forza e la continuità del flusso urinario. Un ruolo importante lo hanno anche gli esami del sangue, in particolare il dosaggio del PSA (antigene prostatico specifico), che aiuta a monitorare la salute della prostata e a individuare precocemente eventuali anomalie o patologie.»
Quali sono le terapie attualmente disponibili?
«Il trattamento varia in base alla gravità dei sintomi e alle caratteristiche del paziente – precisa il professor Molinari. – Nei casi più lievi si può intervenire con farmaci che rilassano i muscoli della prostata e della vescica, o che riducono il volume della ghiandola. Quando la terapia farmacologica non è sufficiente, si può ricorrere a procedure chirurgiche per rimuovere il tessuto prostatico in eccesso. Oggi, però abbiamo anche a disposizione tecniche minimamente invasive, come quelle che utilizzano il laser o il vapore acqueo, che permettono un recupero più rapido e un minor rischio di complicanze.»
Proprio a questo proposito, come funziona l’approccio endoscopico Rezum da lei utilizzato? Quali sono i vantaggi e le eventuali controindicazioni rispetto agli altri approcci terapeutici?
«Rezum è una procedura endoscopica mininvasiva che utilizzo per trattare l'IPB. Si basa sull’impiego dell'energia termica del vapore acqueo per ridurre il volume della prostata. Attraverso un cistoscopio inserito nell'uretra, vengono iniettate microdosi di vapore nel tessuto prostatico: il calore provoca la necrosi delle cellule ingrossate, che vengono poi riassorbite naturalmente dall’organismo. La percentuale di successo è molto alta - circa l’80% - e, nella mia esperienza, ho già trattato con questa tecnica oltre 500 pazienti. L’intervento dura circa 15 minuti, viene eseguito in sedazione leggera e porta a un netto miglioramento dei sintomi nel giro di poche settimane. Le controindicazioni sono poche: il trattamento non è indicato in caso di prostate troppo piccole o troppo voluminose, o in presenza di una struttura fibrosa particolarmente complessa. Per il resto, il recupero è rapido e i benefici si manifestano in tempi brevi. Un ulteriore vantaggio di Rezum è che, a differenza di altre procedure, preserva la funzione erettile ed eiaculatoria, migliorando sensibilmente la qualità di vita dei pazienti.»
Professore, cosa si sente di consigliare agli uomini che stanno leggendo?
«I dati clinici dimostrano quanto sia importante rivolgersi con regolarità a uno specialista urologo e sottoporsi agli esami di routine, anche in assenza di sintomi. Il mio consiglio è proprio questo: non aspettare che compaiano i disturbi. Oggi abbiamo a disposizione strumenti diagnostici e terapeutici efficaci, ma la condizione ideale è quella di intervenire in tempo. La prevenzione dell’iperplasia prostatica benigna è fondamentale per evitare complicanze come infezioni urinarie, danni renali o, nei casi più gravi, il blocco completo della minzione, che può richiedere un intervento d'urgenza. Controlli regolari permettono di monitorare l'evoluzione dell’ingrossamento prostatico e di intervenire precocemente, preservando la qualità della vita e la salute urinaria nel lungo periodo.»
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