L’arrampicata indoor come palestra di vita

Mercoledì si è concluso “Climbing for Good”, il progetto di inclusione giovanile cui hanno partecipato 10 ragazzi e ragazze del quartiere Gallaratese di Milano
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«Walls are meant for climbing», le pareti sono fatte per essere scalate. Il mantra, che campeggia in palestra e sulle magliette degli istruttori, ha accompagnato “Climbing for Good”, il progetto di arrampicata indoor promosso per la prima volta da Laureus Sport for Good Italia, in collaborazione con The North Face, Urban Wall e C.R.E.Sco coop sociale. Un progetto di inclusione giovanile che ha permesso a 10 ragazzi e ragazze, provenienti dalle scuole medie del quartiere Gallaratese, periferia nord-ovest di Milano, di praticare gratuitamente l’arrampicata indoor. Le sessioni di lavoro, ciascuna di due ore, si sono tenute dal 31 gennaio fino allo scorso 5 giugno. 

Prima del rompete le righe, santificato dalla consegna degli attestati di partecipazione al progetto, abbiamo voluto testare personalmente la bontà del lavoro svolto sul campo, capendo i benefici di una disciplina sportiva alla ribalta olimpica dalla scorsa edizione di Tokyo, ma ancora poco conosciuta ai più. Siamo all’Urban Wall, la palestra di arrampicata indoor più grande di Milano, in cui maestose pareti artificiali si susseguono a perdita d’occhio, disegnando, tra curve e asperità, un paesaggio montano del tutto inedito. Ed è qui che i ragazzi e le ragazze del progetto, di diversa nazionalità in una babele di culture che si fondono, si sono dati appuntamento per l’ultima volta, supportati come sempre da un team di lavoro altamente specializzato e professionale. 

Ad accoglierci è il sorriso sincero di Giulia Lucherini, project manager di Laureus Italia, cui è stato affidato per vocazione naturale questo progetto, abituata com’è a destreggiarsi in montagna tra corde e vie ferrate. «Durante questo percorso i ragazzi hanno potuto scoprire le tecniche fondamentali dell’arrampicata, imparando a conoscere i valori alla base di questo sport come coraggio, determinazione e lavoro di squadra. Ciascuna sessione di lavoro è stata per loro un’occasione per mettere alla prova i propri limiti e per superare le proprie ansie e paure. L’arrampicata sportiva non è solo uno sport fisico. Qui non eccelle chi è più forte, ma chi ha più testa e tecnica. L’arrampicata ti permette altresì di capire che in realtà siamo molto più forti di quello che pensiamo»

Le sue parole trovano subito eco in quelle di Rossella Bencivenga, psicoterapeuta di Laureus Italia, al fianco dei ragazzi fin dal primo giorno di lavoro. «Siamo abituati a concepire la forza come sinonimo di resistenza. Nell’arrampicata entra in gioco la forza motoria, mentale, cognitiva come in pochi altri sport. Dovendo stare sempre attento alle prese e alla coordinazione non hai mai la tendenza a guardare giù, non c’è mai un senso di vuoto. Sono rimasta talmente affascinata da questo sport che ho deciso di portare qui a luglio anche mio figlio per fargli impartire lezioni individuali». 

I padroni di casa sono invece, Giacomo Corioni e Ruggiero Dipace, istruttori di arrampicata con patentino federale di primo livello, che indicano i percorsi da seguire sulla parete e stringono le corde per l’arrampicata, assicurando la massima sicurezza delle attività. «Nel corso dei mesi è cambiata l’attitudine dei ragazzi a stare sulla parete. Adesso hanno più familiarità a mantenere la posizione verticale con dietro il vuoto. L’arrampicata è qualcosa che i bambini naturalmente fanno: c’è chi si arrampica sugli alberi, chi sugli scivoli al parco. Poi, crescendo, ci sono gli “arrampicatori sociali”, uno dei nomi più usati nei gruppi di whatsapp dai neofiti che vengono a fare le prime lezioni di base (scherza; ndr)» ci rivela Giacomo. «I ragazzi non ancora sviluppato una forza specifica per fare determinati passi o per tenere determinare prese. Ognuno usa un mix di strategia molto personale. Quando alla difficoltà del movimento si somma lo sforzo fisico viene sempre meno la concentrazione. Ed è su questo aspetto che cerchiamo di lavorare maggiormente» aggiunge Ruggiero. 

A darci compiutamente il valore che il progetto “Climbing for Good” ha avuto per i ragazzi e le ragazze sono infine le parole di Paolo Morandi, psicomotricista, Presidente della società sportiva dilettantistica Kundalini SSD, nonché gestore della palestra. «È stato bellissimo assistere di persona al processo di crescita di questi ragazzi e ragazze. La nostra è un’attività non solo sportiva, ma anche educativa. A metà del corso gli istruttori e la psicoterapeuta hanno fatto un briefing utile sia a ricapitolare le attività già svolte sia a personalizzare le attività ancora da compiere, tenendo conto delle caratteristiche e delle problematiche di ciascun ragazzo. L’arrampicata è uno sport che ti mette a nudo. Ti mette di fronte a paure e difficoltà. Ti aiuta a superare determinati ostacoli che all’inizio ti sembrano insormontabili». Capirlo in palestra, da adolescente, ti permette poi di avere un vantaggio competitivo invidiabile nell’affrontare le intemperie della vita.


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