Laureus, il surf come terapia nelle township del Sudafrica

A Capetown nei pressi di una delle più grandi baraccopoli del continente la Laureus Sport for Good Foundation aiuta centinaia di bambini a fuggire dalle gang criminali grazie a una tavola da surf
Laureus, il surf come terapia nelle township del Sudafrica© Markus Gilliar/GES/Mercedes-Benz
Valerio Minutiello
7 min

CITTA' DEL CAPO - Khayelitsha è una township immensa a meno di un'ora da Cape Town. La terza più grande di tutto il Sudafrica, dopo quelle di Soweto e Sharpeville, vicino Johannesburg. Qui vivono circa un milione di persone, al 90% neri, in un immenso agglomerato di baraccopoli, dentro case costruite con lamiere. È l'eredità lasciata dall'apartheid, quando i neri vennero cacciati dalle loro abitazioni in città e ghettizzati in queste zone pianeggianti chiamate Cape Flats.

Il paesaggio è dominato dal mare: a farla da padrone è l'Oceano Atlantico, le immense dune di sabbia bianca arrivano fin su alla strada. Il vento fortissimo scuote gli alberi e le onde si abbattono sulla spiaggia selvaggia di Monwabisi. Un paradiso per i surfisti, che però raramente si avventurano qui e non per colpa degli squali, che seppur presenti non sono il pericolo maggiore. Il surf da queste parti non è roba da ricchi, ma rappresenta l'arma più potente per centinaia di bambini e adolescenti poveri che vogliono scappare da un destino quasi certo di criminalità, droga e sofferenza. Questa è la zona dove l'hiv è più diffuso, le gang criminali comandano, e l'abbandono scolastico è la norma.



IL PROGETTO - Queste onde rappresentano la speranza di una vita migliore per tanti bambini che non hanno nulla, vittime di abusi sessuali, violenze, droga. La Laureus Sport for Good Foundation ha deciso di cavalcarle, e insieme all'inglese Tim Conibear è nato il progetto "Waves for Change": un posto dove i ragazzi del posto possono trovare un rifugio dai pericoli delle township. Ogni settimana ne arrivano di nuovi, ormai sono diverse centinaia. La maggior parte di loro ha perso almeno un genitore se non entrambi, e ha abbandonato la scuola . Qui ha trovato la sua famiglia, tutto funziona come una grande famiglia. Dopo le ore trascorse sul surf, i bambini stanno nel quartier generale, un piccolo cortile e tre box in lamiera: uno funge da deposito di materiali, gli altri da uffici. Si mangia insieme, poi ognuno lava la sua ciotola, le posate, e le mette a posto. Stessa cosa per le mute e i surf, ognuno pulisce e cura le sue cose. Qui si impara a stare insieme, si cresce nel rispetto delle regole. Molti tornano a scuola.

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SURF COME TERAPIA - Il surf è usato come una vera e propria terapia (guarda il video). L'obiettivo qui non è creare campioni, non c'è competizione, ma solo condivisione. Ai bambini viene insegnato ad aiutare e collaborare con gli altri. Così si crea un senso di appartenenza a una comunità e ci si sente importanti. Sono cose fondamentali per ridare una stabilità emotiva a piccoli cresciuti con grossi traumi psicologici. Non importa quante onde si riescono a cavalcare, scegliere di stare qui è già una vittoria. Quando chiedi a loro perché hanno scelto di venire qui, la metà risponde per il surf, l'altra per la sicurezza, quella che non hanno mai trovato a casa loro o nella strada del loro villaggio. La spiaggia, qualche onda, e gli amici. Non chiedono niente di più per essere felici. Se poi un giorno all'improvviso si trovano a surfare con il tedesco Sebastian Steudtner, uno dei più grandi in assoluto in questo sport, è un sogno che si avvera. È successo venerdì 11 marzo, ed è stato uno spettacolo indescrivibile. Come se su un campetto di calcio di periferia, improvvisamente si presentasse Leo Messi.

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IL SIMBOLO - Il simbolo di questo progetto è Apish Tsetsha (leggi l'intervista), un 25enne che quattro anni fa non sapeva nemmeno nuotare. La sua più grande fortuna è stata incontrare Tim Conibear, che gli ha fatto conoscere il surf e lo ha trasformato nel mentore del programma Waves for Change: «Mi sento come se potessi trascorrere il resto della mia vita facendo surf - racconta Apish - Quando cavalco le onde, non ho bisogno di altro, è una sensazione fantastica. Waves for Change ti cambia davvero la vita. Ci è stato insegnato tutto: come condurre una vita salutare, uno stile di vita sessuale sicuro, come definire gli obiettivi e anche le azioni generose che si possono fare all'interno della propria comunità per favorire i cambiamenti». Prima era proprio uno di loro, uno che poteva finire male, era andato via di casa a 16 anni ed era disoccupato. Poi ha incontrato Tim, è rinato, ed ora è un esempio per tutti.

L'INTERVISTA AD APISH

IL PALLONE - Sulla spiaggia oltre ai surf, c'è anche l'immancabile pallone, con cui i bambini si divertono tantissimo come in ogni angolo del pianeta. Il senso di libertà che si respira qui è indescrivibile. A godersi lo spettacolo c'è anche Mourne Du Plessis, cammina sereno, ogni tanto qualche mamma lo ferma parlandoci con grandissima ammirazione.

Mourne è una vera e propria leggenda dello sport in Sudafrica: il più grande capitano della storia degli Springbok, la famosa nazionale di rugby. Negli anni '70 ha fatto sognare il Sudafrica con le sue imprese. Ora è un ambasciatore Laureus, e il suo carisma è un tesoro prezioso per i progetti portati avanti dalla fondazione.

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