Elisa Di Francisca: «La mia vita in libertà» 

La campionessa del fioretto in redazione: «Stacco un po’ perché ne sento il bisogno. Voglio godermi i miei affetti e il privato Ma ho abbastanza stimoli per tornare»
Elisa Di Francisca: «La mia vita in libertà» 
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ROMA - Trascorrere un’ora abbondante in compagnia di Elisa Di Francisca consente di capire molte cose, dell’atleta e della donna, del suo modo di interpretare lo sport e la vita. Emerge l’essenza di una campionessa che ha saputo mettersi al collo due medaglie d’oro all’Olimpiade di Londra, nel fioretto individuale e nella prova a squadre putroppo cancellata dal programma di Rio 2016, e una d’argento lo scorso agosto in Brasile, battuta in finale, per una stoccata, dalla russa Inna Deriglazova. Elisa ha momentaneamente riposto il fioretto e tolto la maschera. Una pausa ci sta, ma non pensa di dare l’addio alla scherma, anzi....

Trentaquattro anni il prossimo 13 dicembre, jesina con radici siciliane e un’anima "sudista", è una effervescente donna del suo tempo che ha trasformato il suo ottimismo e la sua brama di vita in un manifesto applicabile tanto allo sport quanto al quotidiano. Abile e scrupolosa nel sacrificio dell’allenamento ma disposta a fare e disfare, attimo per attimo, una volta dismesso il corpetto della scherma. Pronta a far programmi ma anche ad adattarsi al cambiamento, a condividere emozioni ed affetti soffocati dallo sport. Si definisce egocentrica ma anche altruista. Semplicemente una donna libera, che asseconda le sue curiosità con entusiasmo e una passione che la fanno apparire speciale. Ha il pregio di saper vivere il momento, sfoggiando spontaneità e sorrisi, parlando a ruota libera, riuscendo ad aprirsi senza curarsi di "parare" le domande ma capace di piazzare stoccate, sempre attenta e...in partita, con quel cuore e quel carattere che tante volte l’hanno fatta vincere in pedana, anche in redazione sotto lo sguardo partecipe di Annalisa Coltorti, molto più di una preparatrice atletica e psicologica per lei.

FOTO, ELISA DI FRANCISCA IN REDAZIONE

Elisa seduta a... capotavola, sola, come in pedana.
«Nello sport, nella scherma si è sempre soli contro tutti. Prendi tu la decisione finale, in tante occasioni hai la testa che va a duemila e devi combattere con i mostri interiori, con i limiti che ti dai. Sono quelli i veri rivali. Io sono in competizione perenne con me stessa, senza nulla togliere alle avversarie, sono io che spesso mi metto i bastoni tra le ruote. È la vita».

E quando va in pedana cosa vede?
«In pedana vedo l’avversaria ma dentro ho una miriade di sensazioni, di emozioni. Tra questi c’è però anche la voglia di combattere. Poi entri in trance agonistica e non senti né vedi più nulla».



Insomma, senza psicologo non si va in pedana?
«Ci vuole una persona che ti capisca e sostenga, oltre a un tecnico importante. Annalisa Coltorti per me è fondamentale: è la preparatrice atletica ma è anche mamma. Ha un anello sull’anulare destro in cui le ho scritto: seconda mammina».

Tra voi azzurre c’è rivalità ma poi anche unità quando diventate squadra. Sul podio di Rio con la bandiera dell’Europa, ha dato un bel segnale...
«Dovrebbe essere così in Italia, ognuno dovrebbe pensare a fare il meglio per sé, ma poi essere uniti per l’obiettivo comune, il benessere. Come dimostriamo nel Dream Team, come dimostra il Coni. E’ quello che ho voluto dire mostrando la bandiera europea. Dopo l’attentato c’è stata tanta gente che ha sofferto. Bisogna essere tutti uniti verso un obiettivo comune. Ci possono essere cose che non vanno ma poi si deve essere unite, sì anche delle donne possono essere unite. Ma se se ce l’abbiamo fatta noi ce la può fare anche l’Italia».

E pensare che c’è stato anche chi non ha capito e l’ha contestata.
«Sì, sui social qualcuno mi ha scritto cose irripetibili in merito all’uso che avrei dovuto fare di quella bandiera europea. Ma io parlavo di unione per rispetto di persone che avevano sofferto, non era uno schierarmi».

Ha avuto anche risposte positive?
«Si. Tante persone mi hanno fatto i complimenti. Mi hanno detto: “Finalmente una che dice cose belle, sensate dopo una vittoria”. Quello che segue una medaglia olimpica è un momento adrenalinico che va sfruttato al meglio, in quel momento possiamo trasmettere un messaggio importante. Così come Bebe Vio lo fa semplicemente...respirando. Poi può essere capito o meno, sta a come sono fatte dentro le persone».

La sua vita dopo l’Olimpiade di Rio?
«Bella, abbiamo festeggiato, in famiglia, con gli amici. Non sempre si hanno momenti di condivisione durante l’anno, mi sto dedicando a questo attualmente».

In Tv per SkyArt lei illustrò e spiego le bellezze di Jesi, la sua città.
«Jesi è sempre nel mio cuore, non l’ho lasciata. Ho un fidanzato che vive a Roma, quindi per forza di cose sto molto anche qui. Roma è particolare, è la concentrazione delle cose che non vanno in Italia. Peccato perché è bellissima, stupenda, ma non si riesce a godersela».

Istinto e raziocinio, sport e privato, come si fa a conciliare?
«La vita schermistica è tutta programmata, la vita privata la vivo sul momento, cambiando in continuazione a volte. Sono un’istintiva ma con l’età ho imparato a ponderare. Ad esempio a Rio nell’assalto con la tunisina se avessi seguito l’istinto avrei dato fuoco all’arena e avrei perso l’assalto».

Lei non è abituata a cercare alibi dopo una sconfitta, non lo ha fatto nemmeno a Rio, quando un possibile oro è diventato argento.
«Non vado sulla polemica, per quanto la Russia sia una grande potenza e abbia la sua importanza economica. Lì dovevo far accendere una luce sola, ho perso 11- 12. Mi è mancato il tempo. Ma non dimentico che a Londra presi la medaglia d’oro vincendo 12-11...».

Il suo fidanzato non l’ha cambiata nemmeno un po’?
«Fa il produttore televisivo, si chiama Ivan. Sono io indipendentemente da chi mi sta vicino, me la canto e me la suono, mi aiuto, lui fa il lavoro suo io il mio, qualunque sia».

Come si sta senza scherma, in questa fase di stacco?
«Per 27 anni ho fatto sempre e solo quello, adesso mi sento più libera di potermi fermare a guardare un tramonto. O per soffermarmi su tante altre cose, spaziare. Vivo ...».

Pensa che le tornerà la voglia di gareggiare. E come sarà quando smetterà?
«Sarò sempre campionessa, è un complimento che mi faccio da sola. Ci sono degli atleti che quando perdono si attaccano a varie cose. Io mi prendo la responsabilità sia della vittoria che della sconfitta. Spero di poterlo insegnare ai miei figli. Prima o poi ricomincerò, ho ancora voglia, quella non mancherà mai. Per Tokyo 2020 proverei... la katana o il sushi a Casa Italia… No, scherzo ovviamente. Il fioretto è già uno stimolo sufficiente per me».

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