Atletica - Schwazer, la Germania dà solo la provetta non garantita

Ignorata la richiesta formulata sette mesi fa dal Gip Walter Pelino. Ai fini dell'esame del dna arriva il campione "insicuro" ma non quello che fu sigillato. La verità su come nacque l'anomalo caso doping dell'azzurro, si allontana. Il giudice tedesco ha accolto una delle opzioni della Iaaf e non quella del magistrato italiano
Atletica - Schwazer, la Germania dà solo la provetta non garantita
di Leandro De Sanctis
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Sette mesi dopo la richiesta formulata dal magistrato Walter Pelino, Gip del processo Schwazer a Bolzano, arriva la notizia che dal laboratorio di Colonia arriverà (ai fini del test sul dna da eseguire presso il RIS di Parma) il campione di urine prelevato l'1 gennaio 2016 a Racines e consegnato in circostanze poco chiare per l'analisi che poi, mesi dopo, avrebbe rivelato una minima quantità di sostanza proibita e tale da determinare la successiva sospensione e la conseguente squalifica di otto anni. Più che sospetta e fuori dai canoni la condotta di Wada (l'agenzia mondiale antidoping) e Iaaf (la federazione internazionale dell'atletica) in una vicenda che da un lato si è obbligati a definire intricata e misteriosa, dall'altro fornisce evidentemente il quadro di ciò che potrebbe essere accaduto. Come deve aver intuito il magistrato che conduce il processo di Bolzano.

La concessione del campione di urine decisa dal giudice di Colonia non è in realtà una buona notizia per il Gip Pelino e per Alex Schwazer, perchè arriverà ai RIS di Parma la provetta A, ovvvero quella che non ha garanzie, in quanto fu aperta, usata per il test e poi richiusa (ma non sigillata). Non verrà concessa la provetta B, che viene aperta e sigillata alla presenza delle parti, come da richiesta del Tribunale di Bolzano, che si era affidato anche ad una rogatoria internazionale per poterla avere, alla luce dei reiterati rifiuti.

Sandro Donati, l'allenatore che aveva contribuito con tutto lo staff allestito a rilanciare clamorosamente Alex Schwazer, non nasconde l'ennesima delusione: «Solo la provetta B dà garanzie di sigillatura: viene presa la quantità necessaria e poi richiusa con sigilli, essendo stata aperta alle presenza delle parti. La provetta A fu ricevuta dal laboratorio in assenza delle parti, aperta e poi richiusa con un tappo. Insomma, apparentemente sembra una sentenza favorevole, in realtà non lo è affatto. Nessun perito accetterebbe mai di fare la conroanalisi su una flacone gia apert, come in questo caso per il flacone A. In questa circostanza ci mettono nella condizione di poter agire solo su un campione che non dà certezze, anzi...».

E già perchè se è vero come è vero (e come è stato rivelato anche dagli hacker russi) che la Iaaf ha sempre ostacolato la ricerca della verità su questo caso, avendo la federazione proposto fin dall'inizio l'invio solo del campione A, è evidente che quelle urine non possano rivelare la verità su cosa accadde. Nemmeno il test del dna che potrebbe rivelarsi inattendibile, proprio a causa della natura del campione esaminato. Con il campione B, ci sarebbe stata una maggiore possibilità di scoprire la verità.


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