“Centri sportivi al collasso, persi 4 miliardi: servono ristori seri”

Il Presidente dell’ANIF, Giampaolo Duregon: “Ci aspettavamo di essere riaperti, ma in mancanza di questo bisogno rinviare i contributi al 2022 e stanziare un fondo per recuperare almeno il 50% delle spese"
“Centri sportivi al collasso, persi 4 miliardi: servono ristori seri”© ANSA
Pasquale Di Santillo
7 min

Hanno aspettato fino all’ultimo momento, nella speranza che il buon senso potesse prendere il posto del rigore senza… senso. Ma di fronte alla “dittatura” della pandemia, quella che farà gli italiani tutti prigionieri in questo periodo di vacanze natalizie, di fronte all’evidente impreparazione della compagine governativa ad affrontare un’emergenza senza precedenti, come dimostrato dalle proteste collettive di molti settori produttivi del Paese - e se scontenti tutti… - anche il riconoscimento legittimo dei tiepidi passi avanti fatti nei mesi scorsi va a farsi benedire. Perchè, se la tutela della salute è un bene primario e come tale ha la priorità, lo stesso vale per quella economica (e mentale) di chi ogni giorno deve cercare di sopravvivere. E quando sei sul punto di fallire, di scomparire, sommerso dai debiti e dai problemi, non servono passi avanti ma interventi seri, importanti, per garantire quello che è stato tolto.

Così nasce la protesta dei Centri sportivi italiani, parliamo di 100.000 strutture che danno lavoro a 1 milione di persone e vengono frequentate da 20 milioni di italiani. Il dato sconfortante, deprimente, come quello del turismo, della ristorazione, parla di una perdita di flusso economico di circa 4 miliardi e messo di euro. Una situazione insostenibile, come spiega Giampaolo Duregon, Presidente di ANIF, l’Associazione Nazionale per gli Impianti Sport e Fitness.
«Abbiamo fortemente lottato per tenere aperti i centri sportivi, avendo dimostrato che all’interno delle strutture l’incidenza di positività al Covid è al di sotto dell’1 per mille. Purtroppo invece, il 25 ottobre è stata imposta una seconda chiusura - dopo i 3 mesi di lockdown in primavera) e siamo nuovamente piombati in una situazione estremamente difficile».

E a giudicare dai risultati è servito relativamente anche il Convegno Nazionale che ANIF organizza tutti gli anni durante il Congresso ForumClub, quest’anno svolto online con partecipazioni di grande prestigio da Giuseppe Pierro, Capo Dipartimento dello Sport, a Claudio Mancini, Membro della Commissione Bilancio; da Vito Cozzoli Presidente di Sport e Salute, a Andrea Abodi, Presidente del Credito Sportivo. Un momento di incontro e di confronto importante nel quale il Decreto Ristori è stato al centro dell’attenzione. Mentre ANIF ha accolto con grande riconoscenza l’attenzione che il Ministro Spadafora e il Ministro Gualtieri hanno riservato al settore, soprattutto per il rapporto con i lavoratori dello sport.Ma il tempo dell’attesa è finito, perchè la situazione si è fatta davvero drammatica, una situazione evidenziata dai numeri esposti dalla stesso Duregon.

«I centri sportivi sono in grande difficoltà perché le quote a fondo perduto, seppur raddoppiate, sono comunque troppo basse per permettere una ripresa sostenibile e ipotizzare uno scenario futuro. Basti pensare che il flusso economico mensile medio in un centro sportivo oscilla tra i 40.000 e i 200.000 euro e più (a seconda delle dimensioni della struttura stessa e dal tipo di offerta/attrezzature di cui il centro è dotato) e, considerando che nei mesi passati sono stati erogati fondi tra i 2.000 e i 4.000 euro, seppur oggi raddoppiati, rimangono evidentemente insufficienti per coprire il mancato flusso economico, indispensabile per pagare le spese.
Il fondo perduto, di fatto, ha coperto una percentuale inferiore al 4%. Una quota, come evidente, irrisoria che ha trasformato la quotidianità dei centri sportivi in una lotta di sopravvivenza in una situazione molto precaria. Che mette a rischio la riapertura futura, proprio in considerazione del fatto che quasi tutte le scarne entrate servono a pagare le spese».

Un autentico “grido di dolore”, comune a tanti settori produttivi, al quale l’ANIF aggiunge proposte pratiche da attuare il prima possibile
«Intanto - continua Duregon - c’è l’impellente necessità di un fondo perduto che rimborsi, almeno in parte, il mancato incasso. Un fondo perduto pari almeno al 50% di quanto finora perso… . Questo in attesa di capire cosa succederà con la Riforma dello Sport, ora che il Ministero ci sta mettendo le mani in maniera definitiva. È fondamentale che questa Riforma, che chiediamo da anni, non aggravi ulteriormente la situazione, già estremamente fragile. È un momento delicatissimo e la Riforma deve contenere tutte le attuali agevolazioni utili per una ripresa concreta. I contributi sui contratti di compenso sportivo ed amministrativo, sono una cosa giusta ad esempio, oltre che doverosa. Ma non adesso, non ci sono le condizioni. Adesso dobbiamo essere esonerati da questo onere e la Finanziaria 20-21, potrebbe essere uno strumento utile a tal proposito. Immagino la costituzione di un fondo finanziato di almeno 100 milioni ogni anno. Altrimenti, il settore non ce la fa. E questa è una delle tante proposte che abbiamo fatto, sia per la Riforma che per la Finanziaria. Sinteticamente, sarebbe opportuno che gli oneri previdenziali, così inquadrati e agevolati, vengano spostati avanti nel tempo, non prima del 2022. Questo per permettere all’intero comparto di riprendersi dall’enorme crisi finanziaria dovuta alla protratta chiusura e alla situazione di emergenza da Covid-19».

L’appello di Duregon e dell’ANIF si conclude tornando a quel paradosso che era e rimane la chiusura dei centri sportivi.
«Mi piace sottolineare, ricordare, che i centri sportivi sono tra i luoghi con il più basso rischio di contagio proprio grazie ad un atteggiamento scrupoloso e coscienzioso, tipico degli sportivi che, notoriamente, sono abituati a seguire le regole e avere un sano stile di vita. Un atteggiamento che hanno avuto anche tutti i titolari nell’adeguarsi coscienziosamente ai protocolli di sicurezza anti-Covid. Nonostante questo, i centri sportivi sono stati tra i primi ad essere chiusi, e ora meritano di aprire e tornare operativi quanto prima, con tutte le dovute regole sempre rispettate. Un opinione sostenuta in maniera concreta anche dal Professor Guido Rasi, ex Direttore dell’EMA l’Agenzia del Farmaco Europea. Se è vero che il COVID si propaga nelle situazioni di assembramento è altrettanto vero che, grazie ai rigidi protocolli rispettati, i centri sportivi hanno dimostrato di essere ben lontani da questo luogo comune e dal prototipo di realtà incontrollata, che andrebbe ricercata in qualche altro settore. Senza dimenticare il ruolo sociale che riveste nell’avviamento allo sport dei giovani, nella prevenzione delle patologie più diffuse: cardiopatie, deficit respiratori, diabete ed altre malattie croniche, abbattendo la spesa pubblica per la salute».
Già, i 100.000 centri sportivi italiani meritano rispetto, meritano di essere salvati per tutto quello che fanno sostituendosi quasi totalmente a uno dei compiti, ignorati, dello Stato.

 

 


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