Vito Dell'Aquila: "Il taekwondo è la mia vita, mamma il mio segreto"

Intervista al campione 21enne che a Tokyo ha conquistato il primo oro di un 2000: "Voglio vincere tutto e poi seguire i Giochi da giornalista"
Vito Dell'Aquila: "Il taekwondo è la mia vita, mamma il mio segreto"
Valeria Ancione e Paolo De Laurentiis
7 min

Ha ventuno anni e un oro a 5 cerchi al collo. Ha una vita chiusa al centro Coni dell’Acquacetosa e una casa piena di trofei. Ha la leggerezza di un ballerino e la rapacità di un’aquila. Ha una mamma per amica che caccia via i brutti pensieri e non ha bisogno di altro. Vito Dell’Aquila, di calci e di pugni, di taekwondo, è stato la prima medaglia di Tokyo 2020, da grande vuole vincere ancora e ancora, fino a Parigi e oltre, fino a trent’anni, e poi? «Voglio fare il giornalista». Ma una cosa per volta, eccolo il nostro giovanissimo olimpionico, che quando era piccolo non parlava, poi ha iniziato il taekwondo e da allora non è stato più zitto.

Vito Dell’Aquila un pugliese a Roma.
«Sono qui dal 2019. Mi ero iscritto all’Università, in Comunicazione digitale, ma ho capito che devo concentrarmi su una cosa sola. Un sogno alla volta, prima il taekwondo, poi diventerò giornalista sportivo».

Perché giornalista sportivo, le interessa il calcio per esempio?
«Mi piace scrivere e amo lo sport. E no, non ho mai tifato per una squadra di calcio, però da piccolo leggevo le classifiche dei campionati stranieri, amavo i dati e le statistiche».

E’ vero che ha iniziato il taekwondo per “curare” la timidezza?
«Sì. Da piccolo non riuscivo a parlare con nessuno. Il taekwondo mi ha cambiato, mi ha dato la parola e ora forse parlo troppo».

Non ha mai provato altro?
«No, mai. Seguo il tennis però».

Tutta colpa di suo padre...
«A lui piacciono le arti marziali e mi ha portato in palestra. Così Mesagne ha due campioni olimpici, l’altro si sa è Molfetta, ma io sono stato l’unico oro classe 2000. Mi affascina essere precoce nello sport».

Le emozioni dell’oro di Tokyo sono ancora vive?
«Non penso tanto alle medaglie passate. Forse è sbagliato, è come se mi sottovalutassi, a volte dimentico di aver vinto l’oro olimpico».

Si è mai rivisto in quella gara dell’Olimpiade?
«Ogni tanto. E’ stata l’esperienza più bella della vita. L’ho affrontata senza ansia».

La sua casa è piena di trofei?
«Tengo tutto a Mesagne. Qui a Roma non ho niente, non voglio rischiare di perdere qualcosa».

Dove vive a Roma?
«All’Acquacetosa. Faccio la vita da atleta, perché è quello che voglio fare, non mi interessa uscire».

Le è pesato lasciare casa?
«All’inizio ero contento. Ora invece mi mancano la famiglia, i parenti, gli amici. Ma sto facendo quello che voglio fare».

Chi è la prima persona che chiama dopo un incontro?
«Mia madre, ma soprattutto prima. Altrimenti non combatto. Le sue parole mi fanno bene. Mi dice: “devi vincere, devi dare il massimo”. Però non penso che se non vinco sono sbagliato, mi carica. Quando le cose vanno male, mi innervosisco. Mamma sa calmarmi».

Cosa è cambiato dopo Tokyo?
«Ora contro di me è per tutti l’incontro della vita. Il dopo Olimpiade non è andato bene, ora va meglio. Però il calo di risultati e sfortune varie, mi serviranno per il futuro».

Cos’è questo sport per lei?
«Lavoro ma soprattutto passione. Se non ci fosse la passione i sacrifici sarebbero pesanti: ansia, stress, dieta, attenzione a tutto». 

Si affida anche al mental coach?
«Ho avuto uno psicologo, ma ho deciso di non lavorarci più. Preferisco parlare con mia mamma. Dopo i Giochi due gare sono andate male, mia madre mi ha aiutato a mettere il focus sul taekwondo. Ho poi un rapporto bellissimo con il maestro Nolano, tengo molto al nostro legame atleta-allenatore».

Con suo fratello che rapporto ha?
«E’ più piccolo e litighiamo sempre, ma ci aiutiamo tanto. La medaglia di Tokyo l’abbiamo vinta assieme».

Com’è la sua vita da atleta?
«Sveglia comoda, alle 10,30 preparazione atletica e pomeriggio taekwondo, poi fisioterapia. Non esco mai».

A 21 anni, non le dispiace?
«Non ho trovato gli amici ideali con cui uscire e comunque mi piace stare dentro all’Acquacetosa».

E cosa fa quando non si allena?
«Ascolto musica, mi piace il pop, odio il trap. Guardo la tv, mi piacciono i Talent come Amici, e le serie, quella che ho amato di più “La regina degli scacchi”, mi ha motivato tantissimo. Parla di una bambina prodigio che ha dedicato la sua vita agli scacchi».

Si immagina a Parigi?
«Non solo mi immagino ma voglio l’oro. Faccio una vita da monaco di clausura, merito di vincere solo per questo. La Fita (la federazione Taekwondo, ndr) sta investendo soldi e tempo e di questo gliene sono grato».

Andare all’Olimpiade in Giappone con un’arte marziale cosa significa?
«L’Oriente rappresenta l’equilibrio e io da piccolo sognavo Tokyo. Spero che si torni a combattere in Giappone».

Cosa vuole fare da grande?
«Seguire i Giochi da giornalista. Tv, radio, giornali va bene tutto».

E’ fidanzato?
«No. Sono uno sensibile, non vorrei fare del male, un giorno sono qua, uno là».

Cosa cerca in una ragazza?
«Mi piacciono le ragazze normali, non sportive, le bellezze del mio paese. Preferisco le pugliesi».

Quante lingue parla?
«Italiano, inglese e mesagnese».

La Puglia la infila sempre...
«Un posto magico,la regione del cuore».

Si sente famoso?
«Lo sono stato per un mese».

Può fare qualcosa per uno sport che ha visibilità ogni 4 anni?
«Oltre che vincere? Presenziare agli eventi. Invitare le persone ai grandi appuntamenti: ecco, venite a vedere il Gran Prix al Foro Italico».

Le dà fastidio quando dicono che il taekwondo è scherma con i piedi?
«No, anzi. Ho grande rispetto per la scherma. Il taekwondo è un’arte marziale, sport situazionale, da combattimento in evoluzione».

Quanto conta l’aspetto mentale?
«Il mio è uno sport tattico, devi fare punti e non devi andare nel pallone. Ammiro i coreani, sono forti tecnicamente, equilibrati e freddi, mai un gesto di stizza né esultano quando fanno punto. Anche io quando faccio un punto, cerco di non perdere tempo a esultare. Non devo distrarmi: basta un attimo e mi arriva un calcio in faccia».


© RIPRODUZIONE RISERVATA