« Porsi limiti è negare l’evidenza». Sentenziò anni fa, in un convegno internazionale a Budapest sulle frontiere dell’essere umano nella corsa di lunga lena, il tecnico-scienziato britannico Frank Dick. «Perché l’organismo è ancora tutto da esplorare», aggiunse il professor Antonio Dal Monte, per decenni alla guida dell’Istituto di scienza dello sport all’Acquacetosa. Su un fattore tutti erano e sono d’accordo: «La donna non potrà mai raggiungere l’uomo nelle gare di velocità, ma nella maratona sì». Era il 1997, il record maschile in maratona era di 2h06:50, ma secondo le proiezioni degli scienziati nel 2004 sarebbe sceso a 2h00. Quello femminile sarebbe invece passato dalle 2h21:06 a 2h15.
La previsione corretta
Oggi, vent’anni dopo quella previsione, il primato degli uomini è effettivamente arrivato a sfiorare il muro delle due ore, mentre quello delle donne ha visto un progresso di oltre 5 minuti. Lo strabiliante primato di 2h09:56 stabilito domenica sulle strade di Chicago, con il quale la keniota Ruth Chepngetich ha confermato come i limiti tra i due sessi non siano mai stati così vicini sulla distanza dei 42,195 km, ha suscitato meraviglia ma anche incredulità e disorientamento. Da una parte ci sono l’evoluzione della specie, favorita dall’innovazione tecnologica (le scarpe di ultima generazione che mettono le ali ai piedi), la maggiore conoscenza delle metodologie d’allenamento, premi in danaro sempre più accattivanti e un percorso, quello di Chicago superveloce (tre record mondiale femminili e soprattutto l’attuale primato di 2h00:35 che l’altro keniota Kiptum fissò proprio un anno fa prima della sua tragica scomparsa in un incidente d’auto), unitamente a condizioni meteo perfette. Dall’altra i sospetti per un progresso così ampio da lasciare sbigottiti, che alcuni giustificano solo con il ricorso al doping, facendo notare come solo negli ultimissimi giorni altri quattro atleti kenioti sono stati sospesi per doping.
Due minuti
Ruth ha divorato la distanza a una media di 19.484 km/h (3'04” al km), demolendo di ben due minuti il precedente limite dell’etiope Assefa e di oltre 4’ il suo personale. Ha però lasciato basiti alcuni il fatto che la 30enne maratoneta abbia migliorato di passaggio anche i suoi personali su 5 km, 10 km e mezza maratona. Un risultato monstre, valutato dalle tabelle di World Athletics al pari di 10”38 sui 100, quando su questa distanza sembra ancora inavvicinabile il 10”49 del record di Flo Griffith di 36 anni fa.
Certo stupisce e incanta come la specialità che ha aperto la porta olimpica alle donne solo a Los Angeles 1994, che ai Giochi di Montreal 1976 vide il trionfo in 2h09:55 del tedesco est Cierpinski con un solo secondo meglio della keniota (chi vi scrive festeggiò l’ottavo posto in quella gara con un “misero” 2h14:16), che solo nel 1967 il primo uomo riuscì a violare la barriera delle 2 ore e 10” con l’australiano Clayton, che appena 18 italiani hanno corso la maratona più veloce dell’attuale record mondiale femminile, che Stefano Baldini colse l’oro olimpico ad Atene 2024 con un tempo superiore di un minuto e che a Gelindo Bordin bastò correre in 2h10:32 per conquistare il primo oro olimpico di un azzurro nella maratona a Seul 1988, per rendersi conto come sia sempre più vicino il rendez-vous tra i due sessi.
Nuova previsione: nel 2156 la donna supererà l'uomo
Uno studio di qualche anno fa dell’università di Oxford, pubblicato sulla rivista “Nature” ipotizzava come nel 2156 la donna avrà la possibilità addirittura di superare l’uomo sulle lunghe distanze. Dove non sono richieste enormi masse muscolari, indispensabili nello sprint, ma risulta determinante la resistenza allo sforzo prolungata (elevata capacità aerobica e sistema cardiocircolatorio). A favorire questa affascinante rincorsa ai limiti della fisiologia c’è anche una buona dose di sopportazione della fatica, altra caratteristiche geneticamente compatibile con il Dna femminile. A favorire la rincorsa delle donne in maratona c’è anche la questione sociale che si intreccia a quella tecnica: le donne atlete sono state sdoganate in tutti i sensi, anche in Kenya e Etiopia e sempre più spesso si sottopongono agli stessi duri allenamenti degli uomini nelle specialità aerobiche. Il tema è affascinante. Diventato di attualità con lo stupefacente record di Ruth a Chicago.