© ANSA La Porcellato non esclude il ritorno
La Rossa non ha smesso di volare, solo vola a quote più normali. Per chi avesse smesso di seguirla (pochi), Francesca Porcellato, alias la Rossa volante, leggenda dello sport paralimpico, nell’anno di vacanza che aveva annunciato si sarebbe presa, e che a questo punto farebbe meglio a definire sabbatico, ha vinto un paio di titoli italiani, ovviamente in handbike.
Non sa stare senza.
“Il 5 settembre di un anno fa, a Parigi, nel giorno del mio compleanno – ha raccontato al Foglio la vincitrice di quindici medaglie in dodici edizioni dei Giochi distribuite tra atletica, sci e ciclismo – annunciai che non avrei più vestito la maglia azzurra. Non per la delusione del quarto posto, anzi. Anche se ancora oggi ritengo di essere stata scippata di quella e tante altre medaglie da un regolamento assurdo, che accorpa diversi livelli di disabilità. La gara, tutta in rimonta, in fondo aveva riassunto la mia vita: una corsa innanzitutto dalle avversità. Mi sembrava il momento giusto, a 54 anni, di dedicarmi ad altro. E l’ho fatto, ma senza staccare completamente, ho solo abbassato il livello e il numero degli allenamenti, perché ho capito che non so stare senza la bicicletta”.
Riflessioni
Los Angeles arriva tra tre anni, la Rossa riflette e non esclude il (clamoroso) ritorno anche ad altissimi livelli.
“C’è tempo, ma anche di invecchiare ulteriormente, nel 2028 ne avrò 58, rischio di gareggiare con avversarie che potrebbero essere mie nipoti, non figlie”.
Esagerata.
“Sono sincera, se non avessi questa carta d’identità, pesante per la disciplina che faccio, continuerei a fare l’alto livello”.
A Los Angeles, farebbe tredici, ma ci pensa?
“Chi lo sa, vediamo. Io continuerò a gareggiare. Ma è innanzitutto una questione di testa, e la testa, prima che il fisico, mi dice che c’è anche altro da fare nella vita”.
Quello che fa attualmente, membro del Cda della Fondazione Milano-Cortina e testimonial dei Giochi in arrivo, la inorgoglisce, certo, ma l’appagamento di uno sportivo è altra cosa.
“Proseguo con la sincerità: provo un po’ di invidia per questi atleti che avranno la straordinaria possibilità di disputare una Paralimpiade a casa propria, con tutta la Nazione che tiferà per loro. Nel 2006, mi diedi allo sci proprio per disputare un’edizione dei Giochi in casa e nonostante il risultato, la ricordo ancora come un’esperienza unica”.