Tamberi, il Golden Gala a Roma prima del Mondiale: "Voglio l'Olimpico pieno"

Così il marchigiano oro olimpico nel salto in alto: "Quella nella Capitale sarà una tappa bellissima, ma il mio chiodo fisso è Eugene"
Tamberi, il Golden Gala a Roma prima del Mondiale: "Voglio l'Olimpico pieno"© ANSA
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ANCONA - Un chiodo fisso. Così Gianmarco Tamberi, campione olimpico nel salto in alto, ha presentato i Mondiali outdoor di Eugene che si svolgeranno in Oregon dal 15 al 24 luglio. Ad Ancona il campione azzurro ha presentato l'intenso calendario di gare a partire dalla prima tappa di Diamond League, il 13 maggio a Doha in Qatar, casa del suo rivale/amico Mutaz Essa Barshim con cui ha condiviso l'oro olimpico ex-aequo e con cui si sente spesso, ma anche il Golden Gala del 9 giugno a Roma. "Sicuramente Roma è una bellissima tappa per preparare al meglio Eugene - ha detto in conferenza stampa Tamberi -, ma non è paragonabile. Eugene è un chiodo fisso. Più sono importanti le gare, più riesco a imparare; più ho la pressione addosso e gli stimoli alti più in gara riesco a tirare fuori qualcosa di importante. Avere Roma prima di Eugene è fondamentale per me, non vedo l'ora di scendere in pedana a Roma, vedere l'Olimpico con tante gente. Speriamo in una condizione tecnica discreta da poter fare buone misure già al Golden Gala però è ovvio che in questo momento Eugene è il mio obiettivo più grande se non unico dell'anno".

Tamberi: "Non mi accontento, ho ancora tanto da dare"

Dopo la gara di Doha del 13 maggio, Tamberi sarà impegnato a Birmingham il 21 maggio, agli Internazionali di Trieste il 28 maggio per poi gareggiare a Ostrava il 31 maggio prima dell'appuntamento con il Golden Gala a Roma il 9 giugno e dei Campionati italiani il 25 giugno. Poi volerà negli States per i Mondiali di Eugene di luglio. Alla soglia dei 30 anni, che compirà il prossimo primo giugno, Tamberi inizia la stagione con una nuova consapevolezza e nuovi stimoli dopo l'oro di Tokyo che lo ha ripagato dell'infortunio che gli tolse Rio 2016, e che ha cambiato la prospettiva. Prima, ha spiegato, "era un lottare contro una frustrazione personale, contro qualcosa che mi era stato tolto e che volevo riprendermi, fino all'ultimo giorno è stata una sfida con me stesso, non mi rendevo conto di cosa significasse vincere un oro olimpico per il nostro Paese, il nostro sport, il nostro movimento - ha spiegato con al fianco il padre-allenatore Marco -. La vedevo come una sfida personale mia e basta. Mi sono reso conto negli ultimi mesi, vedendo le persone, quanto ci hanno ringraziato, quanta speranza è stata data in un momento di difficoltà e mi sono reso conto che non era solo una cosa personale. Bisogna rimettersi in gioco: l'ho fatto in inverno e mi ha dato di nuovo la motivazione di andare avanti e ritrovare lo spirito d'agonismo che mi ha sempre contraddistinto. Ho avuto paura che raggiunto l'obiettivo potessi accontentarmi: non sono mai stato un tipo che si accontenta ma una cosa così grande, rincorsa per così tanti anni, temevo mi facesse dire 'basta, ho sofferto abbastanza e forse la mia carriera poteva concludersi così'. Ma mi sono reso conto che ho ancora tanta voglia di fare e dimostrare a me stesso che i limiti ce ne sono sempre, si deve sempre cercare di superarli".


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