Tamberi: "Il Mondiale comincia a Roma"

Tenuta da basket, scarpe-amuleto e cuore aperto: "Ho tre progetti da portare a termine: vincere qui e a Eugene, poi volare oltre i 2,40"
Tamberi: "Il Mondiale comincia a Roma"© EPA
Franco Fava
4 min

ROMA - «Dopo cinque partecipazioni ora voglio solo vincere e magari presentarmi a metà luglio a Eugene con la miglior misura della stagione per acciuffare l’unico titolo che ancora mi manca: il Mondiale all’aperto». Gianmarco Tamberi è tornato a essere un ciclone, di parole e di sentimenti. Per i fatti basta attendere stasera quando, alle 19.55, scenderà sulla pedana posta davanti alla Curva Sud.

Il campione olimpico di Tokyo con 2.37, in coabitazione con l’amico Barshim, si presenta in conferenza stampa in tenuta da basket, scarpe color viola e un paio di chiodate al collo piene zeppe di nomi, loghi e luoghi iconici: “Mum”, “Dream”, “Lasagne”, “Portland” (dove nel 2016 vinse l’oro iridato indoor), “Tokyo” (ovviamente) e due fedi nuziali (quando a settembre convolerà a nozze con Chiara). «Rappresentano tutte le cose per me più importanti», dice con la consapevolezza che la sua gara stasera sarà il piatto forte del Golden Gala. Ma anche una sfida a portare a termine tutti i suoi progetti.

Obiettivo 2,40

Progetti che nell’ordine sono: «Nel 2021 ho vinto il circuito di diamante nella finale di Zurigo, e ora voglio conquistare anche Roma dopo il secondo posto con 2.27 di due anni fa dietro l’ucraino Protsenko (che ritroverà stasera; ndr) e il terzo dello scorso anno (nell’edizione che si svolse a Firenze, quando con 2.33 ipotecò il successo di Tokyo; ndr). Vincere poi il Mondiale a Eugene e volare un giorno oltre quota 2.40: solo allora il mio percorso avrà un senso compiuto». I due metri e 40 centimetri in realtà li aveva già sfiorati a Montecarlo nel 2016, alla vigilia dell’Olimpiade di Rio quando, dopo aver saltato 2.39, si infortunò gravemente nell’assalto ai 2.41. 
«Quell’infortunio mi ha segnato e mi segnerà per sempre - dice - Nemmeno l’oro olimpico potrà mai guarire quella cicatrice». Campione di resilienza, non ha mai perso l’entusiasmo, «perché voglio sempre mostrare il meglio di me stesso, anche nelle avversità e ogni volta che trovo uno ostacolo mi do da fare per cercare una soluzione».

Jacobs tifoso

La stagione post-olimpica è iniziata con l’uscita estemporanea ai Mondiali indoor di marzo, quando ha acciuffato il podio ed è proseguita un po’ in sordina all’aperto. Fino al 2.30 di dieci giorni fa a Ostrava, quando ha fallito di poco i 2.34 che lo avrebbero proiettato in vetta al mondo nelle graduatorie stagionali. «Le cose nel frattempo sono andate sempre meglio, ho fatto progressi nella ritmica e nella tecnica». Soprattutto sono tornate le pulsioni irrefrenabili a salire sempre più in alto. A Ostrava aveva anche festeggiato i 30 anni: «Ma non posso dire di aver raggiunto la maturità, quella si conquista giorno dopo giorno». Stasera non ci sarà l’amico-rivale Barshim, con il quale oltre all’oro di Tokyo ha condiviso infortuni importanti: «Mi dispiace molto, sapevo che aveva problemi fisici e ha fatto di tutto per esserci: mi auguro di rivederlo in pedana a Eugene». Anche l’assenza in pista di Jacobs sui 100 è motivo di rammarico: «Sarebbe stato bello rivivere lo spirito di quei fantastici dieci minuti dei nostri trionfi a Tokyo la sera del 1° di agosto. Ma so che Marcell sarà in tribuna a incitarmi e che supererà le difficoltà fisiche in tempo per Eugene». Tamberi è già in modalità Mondiali: «Roma sarà la mia penultima gara prima di volare in Oregon, l’ultima agli Assoluti di Rieti il 26 giugno». Intanto bisogna pensare a conquistare l’Olimpico: «Ad eccezione del sudcoreano Woo, ci sono tutti i migliori, ma io non li temo: avrò con me il tifo della Curva Sud».

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