Due milioni e centomila spettatori, share 18,6 per cento, hanno seguito ieri sera la nuova puntata del Grande Fratello. Sollecitato da Alfonso Signorini, Alex Schwazer ha raccontato la sua odissea di campione olimpico a Pechino 2008, privato delle successive due edizioni dei Giochi a causa dell'ingiusta squalifica di sette anni che gli è stata comminata, nonostante la sentenza di assoluzione dall'accusa di doping emessa dal Tribunale di Bolzano "per non aver commesso il fatto". Nell articolata e meticolosamente motivata ordinanza di 80 (ottanta pagine), firmata dal gip Walter Pelino, si legge testualmente:" Si ritiene accertato con alto grado di credibilità razionale che i campioni d’urina prelevati ad Alex Schwazer l’1.01.2016 siano stati alterati allo scopo di farli risultare positivi e, dunque, di ottenere la squalifica ed il discredito dell’atleta come pure del suo allenatore, Sandro Donati”. Il marciatore altoatesino, insieme con lo stesso Donati, simbolo assoluto della lotta al doping e dei professionisti dell'antidoping, non ha mai smesso di lottare per avere giustizia. C'è di più: due anni fa, Schwazer ha denunciato un grave caso di doping all' Athletics Integrity Unit (Aiu), la sezione della federatletica mondiale, alias World Athletics, che, grazie alla testimonianza dell'azzurro ha potuto procedere contro l'allenatore sotto inchiesta che, incredibile, ma vero, da atleta era stato squalificato a vita perchè si era dopato.
Il regolamento e la squalifica
A norma di regolamento, un atleta che ha fattivamente collaborato a perseguire atleti colpevoli di doping ha diritto a una riduzione della squalifica fino al 75% della sua durata. Alex ha già scontato 6 anni, come se la sentenza del Tribunale di Bolzano (18 febbraio 2021) non valesse a nulla agli occhi di World Athletics e Wada. Come se, parole messe nere su bianco dal giudice Pelino, "la realtà di questo processo è che la catena di custodia dei reperti in perizia è di fatto del tutto evanescente. Wada e Iaaf hanno operato in maniera totalmente autoreferenziale non tollerando controlli dall’esterno fino al punto di produrre dichiarazioni false. E’ quindi provato che la manipolazione delle provette che lo scrivente ritiene provata con altro grado di probabilità razionale, avrebbe potuto avvenire in qualsiasi momento a Stoccarda come a Colonia (nei locali degli uffici dell’agenzia incaricata del prelievo del campione o nel laboratorio di controllo), ove si è dimostrato esservi provette non sigillate dunque agevolmente utilizzabili alla bisogna”. La squalifica di Schwazer sarebbe dovuta essere ridotta da molto tempo, ma qui comincia il gioco delle tre carte.
Il precedente a favore di Schwazer
Per procedere, l'Aiu deve chiedere il nullaosta alla Wada che continua a perdere tempo e, addirittura, facendo lo gnorri, ha avuto la faccia tosta di chiedere all'olimpionico di ammettere che l'urina prelevata a Capodanno 2016 contenesse una sostanza dopante. Come come? Una sentenza di un Tribunale della Repubblica italiana stabilisce che Schwazer sia stato vittima di una manipolazione e l'agenzia mondiale antidoping se ne frega? Ancora. C'è un precedente a favore di Alex, bellamente ignorato dalla Wada: riguarda la mezzofondista turca Asli Cakir Alptekin, al centro di una vicenda simile a quella dell'altoatesino, che per ottenere la riduzione della squalifica a suo tempo non ebbe bisogno di confessare alcunché, ottenendo il 50% di sconto della sanzione. Mentre il tempo passa, risulta che in favore di Schwazer, a Roma e a Losannasi stiano battendo soltanto Giovanni Malagò e Carlo Mornati, rispettivamente presidente del Coni nonché membro del Cio; segretario generale del Coni. Sempre più assordante, invece, è il silenzio degli ignavi dell'atletica italiana. Sino a quando?