Canoa maratona, fermi tutti...passa una nave

Tragicomico episodio durante i Campionati italiani di lunga distanza
Canoa maratona, fermi tutti...passa una nave
di Fabio Donfrancesco
5 min

ROMA - Un episodio del genere non si era mai visto e sentito in tanti anni di storia della canoa italiana, se non mondiale. Nella nostra vita di cronisti abbiamo avuto notizia di diverse gare sospese o rinviate per motivi meteorologici, di partite di calcio interrotte a causa di un guasto all’impianto di illuminazione, di corse di ciclismo bloccate al passaggio a livello chiuso per il transito di un treno, di mountain-bikers accerchiati e inseguiti da mute di cani feroci lungo sentieri scoscesi, mai però di quanto accaduto domenica 12 marzo: circa 150 tra ragazzi e ragazze in acqua, a bordo delle proprie imbarcazioni mentre si danno battaglia a colpi di pagaia per aggiudicarsi i titoli tricolori di canoa maratona, vengono fermati dai giudici perché… una nave mercantile deve entrare in porto a poche centinaia di metri dal campo di gara. E’ quanto realmente accaduto domenica mattina sulla foce del fiume Corno, a San Giorgio di Nogaro in provincia di Udine, dove si svolgeva il Campionato Italiano di Maratona. Nella seconda giornata di gare tutto stava procedendo secondo il programma prestabilito. Intorno alle 11, si è dato il via alle partenze del secondo blocco di competizioni riservate al K2 e al K1 Master ma, quasi al termine del primo giro, si assisteva a una scena a dir poco surreale: man mano che gli atleti e atlete, impegnati in accessimi “punta a punta” passavano davanti alla linea d’arrivo, venivano invitati a fermarsi dai giudici di gara, sia a gesti che a gran voce. Molti dei canoisti hanno pensato a uno scherzo, anche perché non vi erano visibili pericoli. Alcuni hanno anche proseguito per alcuni metri, spinti dall’energia cinetica impressa alle loro canoe. Alla fine comunque tutti i kayak venivano fatti accostare ai pontili lungo le rive del fiume. Il motivo di tale improvvisa decisione era ben presto rivelato: Il responsabile della locale Capitaneria di Porto aveva diramato e imposto il “tutti a terra” a causa delle manovre di una nave e del suo rimorchiatore che da lì a pochi minuti sarebbero entrati in darsena. Le gare venivano così sospese e poi riprese nel primo pomeriggio. Ora, al di là della comprensibile irritazione dei numerosi partecipanti per l’inutile fatica, costretti a ripartire poche ore dopo (parliamo di gare della durata di circa un’ora e mezza e su percorsi tra i 20 e 24 km secondo le categorie, compresi i due trasbordi con le canoe in spalla di corsa), ci vengono spontanee alcune riflessioni. Prima di tutto bisogna pensare all’incolumità degli atleti in gara, giusto, ma le manovre di una nave in prossimità di un campo di gara non si potevano prevedere con largo anticipo e, di conseguenza, organizzare le partenze in diversi orari? Alcuni atleti coinvolti sono stati poi costretti a dare forfait alle gare posticipate nello stesso pomeriggio di domenica perché costretti a rimettersi in viaggio per il ritorno, ancora con la luce, alla volta di casa. Distante, in alcuni casi, anche migliaia di chilometri (da Udine a Palermo sono oltre 1.500 chilometri e si impiegano intorno alle 17 ore in auto). Immaginiamo la delusione di atleti, allenatori, dirigenti, parenti al seguito per essersi sobbarcati migliaia di chilometri di auto per poi non aver avuto la possibilità di gareggiare per un titolo italiano dopo mesi di duro allenamento. E questa considerazione introduce un’altra domanda: la Federcanoa non poteva organizzare un campionato italiano, a cui di norma partecipano club di tutta Italia (a San Giorgio di Nogaro erano iscritti 530 atleti in rappresentanza di ben 74 società), in un luogo un po’ meno fuori mano? A quanto riferito dagli atleti di diverse regioni, l’ospitalità della società organizzatrice, il Canoa San Giorgio, è stata impeccabile. Ma perché sono sempre i canoisti siciliani e sardi a dover affrontare ogni volta viaggi estenuanti attraversando tutta la Penisola, e prendere anche un traghetto (kayak e canoe non vanno in aereo ma su carrelli attrezzati) per poter partecipare a un campionato italiano? In passato si sono svolte regate a metà strada, sull’Arno nei pressi di Firenze, proprio per venire incontro alle esigenze delle diverse società canoistiche sparse su tutto il territorio nazionale. Bene, ci piacerebbe che il campionato italiano del prossimo anno si svolgesse in luoghi altrettanto belli e ospitali. Ci vengono in mente diverse località: ci permettiamo di suggerirne una, anzi due, sempre in Sardegna. Il parco naturale delle Saline nei pressi di Cagliari e un altro paradiso naturale vicino Oristano, lo stagno di Cabras, una delle più importanti aree umide sarde e culla di tanti bravi giovani canoisti che si allenano nella vicina Canottieri Oristano. Uno dei loro allenatori, Andrea Lilliu, che attualmente fa parte dello staff azzurro e responsabile del gruppo femminile, lo scorso anno è stato premiato come miglior tecnico d’Italia al Golden Gala della canoa. Ecco, in queste oasi naturali, l’unico rischio che magari si corre non è di essere bloccati dal transito di una nave da centinaia di tonnellate di stazza, bensì da un gruppo di fenicotteri rosa e germani reali. Scusate se poco.


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