Recensione "The fall: Ascesa e caduta di Lance Armstrong"

Il libro-inchiesta di Juliet Macur è un viaggio nei segreti del golden boy del ciclismo che si rivelò un cinico baro, disposto a tutto pur di mantenere il codice di omertà e silenzio che lo aveva protetto a lungo
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ROMA - L'inizio di "The Fall" è da brividi. Bastano i primi due paragrafi per capire tutto di Lance Armstrong, personaggio più chiacchierato del panorama ciclistico internazionale. Si comincia dalla fine. Lance in infradito, pantaloncini e maglietta si gode gli ultimi giorni della sua vita da eroe. Il bluff è stato smascherato, la giustizia sportiva è al lavoro, lui sta cominciando a perdere tutto. La giornalista americana Juliet Macur, l'unica ad essere riuscita ad avvicinare l'ex vincitore di sette Tour de France nei giorni del suo crollo, è andata a far visita al ciclista nella sua villa coloniale in Austin che Lance era in procinto di vendere per sostenere le sue ingenti spese legali. Tutti i suoi quadri milionari, le stanze da sogno, gli ettari di terreno erano sul punto di svanire. Il trasloco in corso, a portar via, oltre ai mobili, anche il lusso e la fama. Il livello di ricchezza e gloria che aveva raggiunto Armstrong è perfettamente racchiuso in un aneddoto che la Macur descrive nell'incipit: il grande albero di quercia che dominava l'esterno della sua villa ad Austin fu fatto spostare di pochi metri, solo per farlo apparire al centro della tenuta. Il costo? Duecentomila dollari. Ecco il potere che raggiunse Lance prima del suo declino. La vita di Armstrong è fatta di bugie e menzogne, fin dalla sua infanzia. Circondato dall'affetto della madre ultraprotettiva e dalla presenza di diversi padri (la donna si sposò tre volte), il piccolo Lance crebbe sempre in un clima di competizione e ribellione verso la vita. Le sfide che gli si presentarono davanti fin da bambino hanno forgiato il suo carattere ribelle, competitivo e irascibile. Imparò presto a non arrendersi mai e a vincere a qualunque costo, anche attraverso l'intimidazione.

MENZOGNE - La vita di Armstrong ha sempre avuto come unico obiettivo quello di arrivare al traguardo prima degli altri, non importa se a bordo di una bici o no. L'egoismo e il cinismo dell'atleta texano trasudano in ogni pagina. Quello che riuscì a mettere in piedi il texano dagli occhi di ghiaccio fu il più sofisticato e professionale programma di doping mai visto in precedenza, anche se l'ex Germania orientale potrebbe avere qualcosa da dire al riguardo. Ovviamente Armstrong non agì da solo ma fu aiutato da un piccolo esercito di complici, alcuni volontari, altri vittime di atti di autentico bullismo sportivo. Lance sapeva mentire e ingannare i suoi compagni, era disposto a tutto pur di arrivare in cima. Autoritario, insolente e cinico, il ciclista americano terrorizzava le persone che gli potevano essere utili attraverso la corruzione o promesse non sempre mantenute.

L'INCHIESTA - Con più di 100 persone intervistate e la pubblicazione di materiale che era già di pubblico dominio, la Macur realizza una splendida inchiesta (edita da Sperling & Kupfer) sulla vita di Armstrong, tradito proprio dal suo carattere autoritario. «Fosse stato meno superbo, probabilmente sarebbe riuscito a farla franca e la sua carriera sarebbe ancora al top», scrive la giornalista che insieme a tanti altri colleghi fece di tutto per smascherarlo. La conclusione alla quale arriva la Macur è evidente: la natura spietata di Armstrong e il suo modo di trattare gli amici si sono rivelati la sua rovina. E' una storia di menzogna, coercizione e tradimento, una brutta storia che difficilmente sarà dimenticata.

Simone Zizzari
Twitter @szizzari

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