L’ultimo volo dell’aquila

Un ritratto di Michele Scarponi, scomparso stamattina in un incidente stradale: dalle vittorie al Giro con la Lampre al ruolo di gregario insostituibile di Nibali negli ultimi trionfi
L’ultimo volo dell’aquila
Federico Porrozzi
3 min

Era uno scalatore puro, Michele Scarponi. Centosettantaquattro centimetri di altezza per 63 kg. Fisico asciutto, “nervoso” e pronto a scattare con la sua caratteristica andatura ciondolante, con la testa incassata nelle spalle strette, ogni volta che la strada era pronta a impennarsi.  
In mezzo al gruppo lo si riconosceva per la zazzera bionda, la mascella squadrata spesso coperta da un filo di barba, un naso aquilino alla “Coppi”, gli occhi chiari attenti ad ogni mossa degli avversari. E un sorriso disarmante sia quando le cose andavano bene sia quando c’era da lottare e da sudare per rimanere là davanti. Scarponi era simpatico e suscitava simpatia. Anche perché, nonostante i momenti bui (per esempio una squalifica per doping nel 2007 durata 18 lunghi mesi) aveva la “leggerezza” di chi amava ciò che stava facendo.

GLI ANNI D’ORO - L’aquila di Filottrano, così lo chiamavano tifosi e addetti ai lavori, era un “prodotto” di quelle Marche a due ruote fonte di grande passione per il ciclismo ma forse un po’ povera di campioni. Tranne lui, appunto e il pesarese Enrico Paolini (tre vittorie del campionato italiano e sette tappe del Giro negli anni Settanta).
Un Giro d’Italia vinto nel 2011 in seguito alla squalifica per doping di Contador (a Milano era arrivato secondo al termine di un gran bel duello con lo spagnolo durato venti tappe), due Tirreno-Adriatico, un Giro del Trentino ma anche due trionfi alla Settimana Ciclistica Lombarda, tre tappe al Giro e piazzamenti importanti nelle grandi classiche di un giorno come Amstel Gold Race, Liegi-Bastogne-Liegi e Freccia Vallone.
In quindici anni di carriera da professionista, Scarponi ha forse raccolto meno rispetto a quanto avrebbe potuto con il suo grande talento. Ma il ciclismo è fatto così: spesso ti regala meno di quanto ti spetterebbe per qualità e impegno. 

GREGARIO DI LUSSO - Negli ultimi tre anni, passato all’Astana dopo gli anni d’oro alla Lampre, fece da “gregario” di lusso di Vincenzo Nibali e con la sua esperienza, la grande capacità di lettura della corsa soprattutto nelle fasi calde, fu fondamentale per le vittorie del siciliano nel Tour de France del 2014 e del Giro d’Italia dello scorso anno. Impressionava per la dedizione che metteva, grondante di sudore, mentre guidava la fila indiana dell’Astana (con lo “squalo dello stretto” ben protetto alle sue spalle) lungo le grandi salite dei due giri più importanti del mondo. 
Poche settimane fa, a causa del forfait di Fabio Aru,  era stato promosso capitano per il Giro 2017 dalla squadra kazaka di Vinokourov. Cinque giorni fa, la vittoria in volata a Innsbruck alla prima tappa del Tour of the Alps era sembrata un bel “biglietto da visita” in vista dell’imminente partenza della corsa rosa. Oggi, invece, il destino gli ha girato le spalle e l’aquila è volata verso l’ennesima salita. L’ultima.


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