La Pedalata della Speranza, quando lo sport è cura

Il dottor Laudati, ematologo, un giorno si ammala della malattia che cura, un linfoma. "Disorientamento" a parte, inizia la chemioterapia ma lui, medico, sa che oltre alla lotta al tumore c'è quella agli effetti collaterali delle medicine-veleno: "Ho seguito il programma di attività fisica della dottoressa Cox e combattuto. Sport e alimentazione sono vere e proprie terapie: la gente lo deve sapere". Per questo domenica partirà da Torino in bicicletta, destinazione Roma: Laudati porta conoscenza, esperienza, umanità e intanto raccoglie fondi per l'Associazione Arcobaleno della Speranza, che si occupa di malati leucemici, da trasformare in borse di studio.
La Pedalata della Speranza, quando lo sport è cura
Valeria Ancione
7 min

di Valeria Ancione

Lo sport è terapia nella terapia. Lo sport focalizza l’80% di farcela e distrae dal 20% di non farcela. Lo sport è un motore per la ricerca. Lo sport è solidarietà, unione, visione, produttore dell’ormone della passione e dell’amore. Lo sport è vita, pace, mai guerra. Lo sa il dottore Roberto Laudati, ematolgo, ammalatosi della stessa malattia che cura, un linfoma. Sessantanove anni, in pensione dal lavoro ma sempre al lavoro per gli altri. Se gli dici che è un “missionario” minimizza, ride però ammette "effettivamente sono stato anche in Africa, in Somalia...". Ed effettivamente fa parte "del gruppo “Camminare insieme” che si occupa di migranti e di senza fissa dimora, un ambulatorio con tanti colleghi e diverse specialità". Ed effettivamente è anche fondatore della associazione “Due ruote per la ricerca”, per cui pedala da anni attraversando l'Italia da Nord a Sud per raccogliere fondi per borse di studio e macchinari, anche accompagnato da suoi ex pazienti. Missionario no, effettivamente.

Il dottore Laudati domenica parte per la “Pedalata della Speranza” che lo porterà in bicicletta da Torino a Roma, dal Centro Oncoematologico Piemontese all’Ematologia del Policlinico Tor Vergata. Una traversata per diffondere il senso dello sport per la vita e nella malattia, e soprattutto ricevere donazioni per l’Associazione l’Arcobaleno della Speranza, che si occupa di malati di leucemia. Cinque tappe, arrivo previsto il 4 maggio.
"Di certo con me ci saranno il mio amico Renato, anni 80, mio fratello Ugo, Carlo Besson (ex sciatore), Giorgio Gross (figlio dell’olimpionico Pietro) e Fabio Felline (corridore ciclista). In tutte le pedalate che ho fatto ogni euro donato va allo scopo. Per il resto noi ci autofinanziamo. In questo caso gestirà tutto l’Arcobaleno della Speranza".

“La ricerca di Umanità” potrebbe essere il titolo della sua vita: Umanità con la U maiscuola, sentimento bellissimo, sempre più sperduta. Nel ‘75 Laudati era un giovane appena sposato che in viaggio di nozze andò in Grecia in autostop e di Umanità ha fatto il pieno per la vita: ha preso per restituire. "Non avevamo soldi e quei pochi che avevamo li spendevamo per fare regali alla gente che ci ospitava. Una signora ci fece dormire nella sua terrazza. Andavamo piano piano, in tutto anche nello studio. Io e mia moglie abbiamo fatto una scelta, prima si è laureata lei e io lavoravo all’Avis, poi mentre riprendevo gli studi di medicina e mi laureavo io lavorava lei".

L’Avis, il sangue era nel destino: "Ho scelto ematologia perché cercavo un rapporto col paziente. Umanità è quando dai del tu al tuo paziente, ci diventi amico. Non tutti i colleghi sono d’accordo, mi parlano di distacco. Io non ci riesco. Le persone che curo nel tempo sono sempre con me, anche nelle pedalate e mi chiamano ancora".
Ha iniziato a lavorare con gli adulti oncologici, poi è passato all’ospedale infantile: dalla diagnosi alla comunicazione ai genitori ecco le "cose terribili". Laudati è sempre stato uno sportivo, oltre alla biciletta anche il nuoto.

Poi un giorno..."Poi un giorno mi sono ammalato della malattia che curavo, poco dopo il ritorno dalla pedalata che ci ha fatto raccogliere 25 mila euro: alla fine del 2021 mi è stato diagnosticato il linfoma di “non Hodgkin”. Cosa ho provato? Disorientamento: ho moglie, tre figli, cinque nipoti il legame forte con la vita sono loro. Ho cominciato i cicli di chemioterapia ma cercavo qualcosa di più. Ho scoperto la dottoressa Cox, ematologa e docente di esercizio fisico adatto ai pazienti con tumore. Il programma di attività fisica mi ha molto aiutato a contrastare gli effetti collaterali della terapia e spero della malattia stessa. Era inverno, non potevo aspettare, e allora ho preso i rulli per pedalare in casa".

L’attività fisica sollecita la speranza e il buon umore anche. Quando si è abbattuti ci si risolleva partendo dal fisico. Insomma, il letto e il divano non aiutano. "Nella sala d’attesa di un day hospital i pazienti sono piegati in due. Ai genitori a cui do la terribile notizia della malattia se dico che c’è l’80% di riuscita della cura, loro guardano il 20%. Poi piano piano vedono i risultati e allora spunta la speranza e l’atteggiamento cambia. La positività aiuta. Lo sport distrae dalla malattia. In chemioterapia si ingrassa, si perdono i capelli, si è deboli, si suda, ma non bisogna piegarsi agli effetti collaterali. Io li ho combattuti, la gente lo deve sapere. Non tutti ce la fanno a muoversi e si fanno prendere dalla depressione. Infatti è più facile curare i bambini, loro non si abbattono".

Bebe Vio, tanto per dirne una, si è salvata grazie allo sport. "Esatto, e quello che ha avuto Vio è una cosa terribile, la malattia peggiore, i bambini vengono mutilati!".

Perché il tumore è così maledetto? "Nel nostro organismo ogni giorno nascono 10-20 cellule tumorali che vengono corrette dal nostro sistema immunitario. Di tanto in tanto c’è una falla nel sistema di correzione... I bambini li seguiamo per tutta la vita dopo le terapie, per le recidive e per le conseguenze della chemio, si smaltisce il veleno della cura ma non le conseguenze. Ma attività fisica e alimentazione aiutano sono vere e proprie terapie".

Si è allenato, ma non con la bicicletta a pedalata assistita che userà da domenica. "Felline mi ha detto “non puoi fare 200 km di allenamento per farne 200” - ride, forse ha esagerato forse no, ma è pronto a partire - E’ più faticosa l’organizzazione. La bicicletta con la pedalata assistita ancora non ce l’ho, mi alleno con quella muscolare. Con la bici elettrica tutti possono andare ovunque e vedere cose bellissime. Devo ringraziare la Olmo e il Moto Velodromo di Torino se il progetto si sta realizzando".

Laudati - il medico, l’uomo, la malattia - uno che ha barattato Umanità con Umanità, prima curando poi venendo curato e ora che è in pensione il suo lavoro, che sempre è stato restituzione, è continuare a offrire la sua competenza, la sua esperienza e il tempo il dono più grande: no, non è un “missionario” è un portatore di Umanità, e l'umanità ne ha bisogno.

Per le donazioni: BONIFICO IT86S07 6010 3200 0000 0354 6185. INTESTATO a L'Arcobaleno della Speranza- ODV. CAUSALE: erogazione liberale Pedalata Arcobaleno della Speranza. (Si può donare anche su www.arcobalenodellasperanza.net)


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