Tour de France, Ganna esclusivo: "Per un giorno in giallo..."

Alla crono d’apertura l’azzurro è in cima ai pronostici: "La condizione è perfetta, ma non basta: si vince con la testa"
Tour de France, Ganna esclusivo: "Per un giorno in giallo..."© LAPRESSE
Giorgio Coluccia
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Il mondo a colori di Filippo Ganna incontra per la prima volta la storia leggendaria del Tour de France. L’azzurro della Nazionale in pista, il rosa al Giro d’Italia, la maglia iridata dei trionfi mondiali. Adesso il sogno si chiama maillot jaune, Sua Maestà. La prima maglia gialla della Grande Boucle edizione 109 è servita su un piatto d’argento dalla cronometro inaugurale di Copenaghen, con 13,2 chilometri cittadini tra una ventina di curve e l’insidia maltempo. L’obiettivo è quello di riscrivere la storia a quasi mezzo secolo di distanza, visto che l’ultimo italiano in grado di vestirsi di giallo nella crono iniziale del Tour è stato Francesco Moser, in Belgio, a Charleroi nel 1975. Quel giorno era già tutto preconfezionato per la festa del Cannibale Eddy Merckx, ma il trentino per soli due secondi gli sfilò la maglia più ambita sulle strade di casa sua. Ganna ci arriva nel migliore dei modi, dopo aver strabiliato (e ovviamente vinto) nelle prove contro il tempo del Delfinato e del campionato italiano. In questa stagione il piemontese ha vinto cinque cronometro su sei disputate e farà una prima ricognizione sul tracciato danese soltanto oggi per mettere a punto gli ultimi dettagli. La sua Bolide F, appena sfornata da Pinarello, lo attende ai box in attesa di spiccare il volo. 

Ganna, non c’è pronostico che non la metta in cima alla lista dei favoriti. La pressione sta iniziando a salire? 

«Ho affrontato gare altrettanto importanti alle Olimpiadi e in Nazionale, forse inizio ad abituarmi, ma fin qui non sto avvertendo il peso di così tante aspettative. Non penserò a quant’è grande il Tour, a quanto è pregiata quella maglia, a quanta gente ci sarà a bordo strada. Voglio interpretarla come una gara qualsiasi. Spesso il segreto sta nella semplicità di saper vivere i momenti chiave». 

Temi di più i rivali specialisti delle crono o l’incubo del Covid? 

«Con gli avversari partiamo tutti allo stesso livello, ci conosciamo a vicenda, e i nomi sono i soliti. Oltre a Van Aert, Bissegger, Küng, Pedersen e Roglic ci metto anche Mattia Cattaneo, che mi ha dato filo da torcere al campionato italiano. Quanto al virus devo dire che è così imprevedibile da farti sentire impotente. Raggiungere Copenaghen a un certo punto sembrava un miraggio a causa del rialzo dei contagi». 

Quanti altri tamponi ti attendono prima del via? 

«Almeno due o tre, sperando di uscirne indenne. Tengo la mascherina il più possibile e uso il gel per le mani ovunque, mi spiace soltanto per i tifosi e per la distanza che dobbiamo rimettere tra di noi, come abbiamo cominciato a fare dall’estate del 2020 in poi. Vorrei chiedere rispetto e attenzione per noi corridori, arriviamo qui dopo mesi di fatica e sacrifici e basta davvero poco per mandare tutto all’aria». 

Ha già sentito il suo idolo Moser in vista del grande appuntamento? 

«Ancora no, non so se ci parleremo al telefono prima del via. Sentire il mio nome accostato al suo è un motivo d’orgoglio, una fonte d’ispirazione. So già che farà il tifo per me, vorrei regalarmi questo grande traguardo e ce la metterò tutta». 

C’è qualche dettaglio in particolare da curare prima del via? 

«La condizione fisica è ottimale, con il mio allenatore Dario Cioni e il resto del team metteremo a punto la strategia domani pomeriggio (oggi) in base alle previsioni meteo e alla lista partenti ufficiale. Il vento e il rischio pioggia tolgono qualche riferimento, ma tutto questo fa parte del gioco. Forse vincerà anche chi sceglierà di partire nel momento più propizio». 

Un’icona come la maglia gialla e la storia del Tour de France. Cosa significano per te? 

«Per il ciclismo rappresentano l’apice, ma in verità da ragazzino mi concentravo sul Giro e lo seguivo sempre in televisione. D’estate andavo in vacanza, seguivo meno il Tour e ho imparato a conoscerlo solo con il tempo. Preferisco restare più distaccato, quest’aspetto personale continua a caratterizzarmi nonostante l’asticella si alzi anno dopo anno». 

La rinuncia più dura da sopportare in questo avvicinamento alla cronometro? 

«Isolarsi al Rifugio Oberto Maroli, sopra Macugnaga, ai 2.800 metri è una sfida impegnativa mentalmente. Però mi pesano molto di più le rinunce al cibo, con la necessità di seguire una dieta ben precisa. Ormai lo sanno tutti, adoro la Nutella e le caramelle gommose, ma direi che adesso non posso proprio permettermele». 

Ha già pensato al sapore che può avere quella maglia gialla, lassù, in cima al palco delle premiazioni domani sera? 

«Certe cose non mi passano nemmeno per la testa. Sono troppo concentrato sull’avvicinamento, sulle rifiniture da concordare con il mio allenatore. Le cronometro si vincono anzitutto con la testa. Non basta pedalare. Senza la testa giusta, le gambe non girano. Lo dico perché mi è già capitato». 


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