La felicità di Vingegaard: “Non ero nessuno, ora invece…”

Nel giro di appena due edizioni Jonas è passato da perfetto sconosciuto a re della Grande Boucle. Ad acclamarlo a Parigi è arrivato anche il principe ereditario danese Frederik
La felicità di Vingegaard: “Non ero nessuno, ora invece…”© EPA
Giorgio Coluccia
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PARIGI - Parigi sembra Copenaghen, dove 25 giorni fa tutto aveva preso inizio. Il Tour parla danese 26 anni dopo l’ultima volta, e il tramonto sulla Ville Lumière illumina il volto emozionato di Jonas Vingegaard. Colui che nel giro di due edizioni è passato dall’essere un perfetto sconosciuto a diventare il re della Grande Boucle. Secondo e primo nel giro di un anno, professionista soltanto dal 2019, quando all’esordio nei campionati nazionali a cronometro arrivò fuori dai primi venti e a oltre tre minuti da Asgreen. Dopo aver domato Alpi e Pirenei, la vera metamorfosi si è completata sabato a Rocamadour. Lì, nella prova contro il tempo su quaranta chilometri, ha messo in fila i campioni della specialità come Ganna, Kung, Pogacar e Thomas, per poi lasciare il successo al compagno di squadra Van Aert. Tre settimane senza una sbavatura, gli olandesi della Jumbo-Visma l’hanno plasmato a loro immagine e somiglianza su preparazione fisica, aerodinamica e allenamenti mirati in altura. «Ho iniziato ad avere consapevolezza nei miei mezzi durante l’edizione dell’anno scorso - ha raccontato la maglia gialla dopo i primi festeggiamenti con la moglie Trine e la figlioletta Frida -. Non ho mai avuto paura delle responsabilità. Piuttosto è servita tanta pazienza per scalare le gerarchie, ero in mezzo a tanti campioni e io all’inizio non ero nessuno».  L’ex leader Tadej Pogacar, vincitore delle ultime due edizioni, è stato colpito in quelle debolezze che nessuno pensava potesse celare. Lo sloveno ha due anni in meno del vincitore e il conto delle vittorie parla chiaro. Ben 43 successi contro i 10 di Vingegaard, che oggi lascerà Parigi con una promessa: «Tornerò l’anno prossimo per provare a riconfermarmi. Al via da Copenaghen la mia gente mi ha dato una carica incredibile. Non avrei mai immaginato un epilogo del genere, anche se sapevo di poter essere competitivo e di poter dire la mia sulle salite più lunghe. Ho scritto un capitolo della storia sportiva del mio Paese, le sensazioni che sto provando sono indescrivibili».  

Il principe

Ieri sui Campi Elisi è arrivato anche il principe ereditario danese Frederik in persona, che aveva promesso la sua presenza a Vingegaard già a Copenaghen, a patto che il corridore fosse salito sul podio. L’intera famiglia reale danese ha fatto il tifo per il suo nuovo campione, la regina Margrethe ha seguito in televisione le tappe più importanti di una corsa estenuante, colpita da un caldo torrido e con ben 41 ritirati (è la prima volta dal Tour del 2000 che così pochi corridori arrivano a Parigi, appena 135). Il nuovo re del Tour non sarà al via della Vuelta, ma è già entrato in una nuova dimensione che gli permetterà di ambire a tutti i grandi giri, non essendo un corridore da classiche e nemmeno dallo spunto veloce. «Non sto pensando ai prossimi obiettivi, ho solo bisogno di riposarmi - ha concluso prima di lasciarsi andare alla festa -. Voglio stare con la famiglia, mia moglie e mia figlia rappresentano tutto per me. Mi hanno trasformato come uomo e come atleta. Adesso finalmente mi sento completo». Il ciclismo ha il suo nuovo campione. 


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