Ripartenza, tocca al Mipaaf

Ippica italiana sempre senza identità, di sicuro per il momento nessun DPCM che dia il via libera a "eventi e competizioni”. Atteso quindi, forse già oggi, un decreto del ministro Bellanova con una data (il 22? il 24? un'altra?) per la ripresa dell'attività a porte chiuse. Imprescindibile l'approvazione del protocollo sanitario da applicare nelle giornate di corse
Ripartenza, tocca al Mipaaf© HG ROMA/SAVI
di Mario Viggiani
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L’ippica italiana è qualcosa di indefinito. Non è sport, non è spettacolo. E infatti né la parola “ippica” né quella “ippodromi” sono mai apparse fin qui nei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia delle misure in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19. Però in qualche modo, ovvio, l’attività delle corse dei cavalli rientra in quanto indicato nei paragrafi che recitano “sono sospesi gli eventi e le competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, in luoghi pubblici o privati” e “sono sospese le manifestazioni organizzate, gli eventi e gli spettacoli di qualsiasi natura con la presenza di pubblico ... svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato”.

Si pensava che almeno questa volta ippica e ippodromi sarebbero comparsi nel nuovo DPCM del premier Giuseppe Conte, unico e solo provvedimento decisivo ai fini della ripartenza delle corse, ovviamente a porte chiuse. E invece ancora niente: tutto pare affidato a un decreto del ministro Teresa Bellanova, titolare del Mipaaf, il dicastero di riferimento per il comparto ippico. È atteso per oggi, al più tardi domani, e potrebbe addirittura indicare la data di venerdì 22 per la ripartenza delle corse, obiettivo per il quale la Bellanova si è molto battuta (ma siamo ormail al 17...). O in alternativa domenica 24 o lunedì 25, al massimo lunedì 1 giugno. Ovviamente le disposizioni inserite in questo decreto non potranno prescindere dal protocollo sanitario da applicare nelle giornate di corse. E non s’è ancora ben capito se il protocollo sia stato già approvato o meno dal Comitato Tecnico Scientifico e dal Ministero della Salute, né se sia stato sottoposto al vaglio nella sua versione iniziale o in quella aggiornata dopo le osservazioni avanzate dagli ippodromi. Tutto il resto (calendario e montepremi rimodulati per corse ordinarie e GP) a quel punto verrà sdoganato in relazione alla sospirata data.

Le corse in Italia sono ferme dal 10 marzo. Il paradosso ippico, inevitabile, come nel resto del mondo, è stato che nel frattempo l’attività di allenamento dei cavalli negli ippodromi e nelle strutture private è andata avanti né più né meno che come sempre: non sono stati certo mascherine, guanti e controllo della temperatura a fare la differenza. Tant’è che in alcune nazioni (Svezia, Russia, Giappone, Hong Kong, Australia e in parte degli Stati Uniti) le corse non si sono mai fermate. Il motivo? Semplice: ogni giorno, in certi ippodromi e centri di allenamento, è in movimento un numero di cavalli e lavoratori ippici ben maggiore rispetto a un normale convegno di corse. E questo particolarissimo aspetto ha già spinto altre nazioni alla ripresa delle corse insieme a ogni altra attività commerciale o imprenditoriale. Questo perché le corse riguardano diverse categorie professionali (allenatori, guidatori e fantini, artieri, giurie e addetti al controllo delle corse, dipendenti degli ippodromi) inserite in una filiera molto ampia, che parte dall’allevamento dei cavalli. Filiera che peraltro qui in Italia solo grazie allo stop da Covid-19 sta tornando in pari con il pagamento delle spettanze arretrate (premi e altro). Vero che a differenza delle altre nazioni l'ippica italiana da tempo è remissione, per lo Stato, ma così si uccidono anche i cavalli...


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