Caso Doping, parla Magnini: "Squalifica basata su supposizioni. Lotterò fino all'ultimo"

Non si ferma la battaglia di "Re Magno" fermato per 4 anni con accusa di doping. Dopo la conferma del provvedimento, il campione del mondo esce allo scoperto e attacca la giustizia sportiva
6 min

ROMA - Ritorna a parlare per la prima prima volta Filippo Magnini dopo la conferma della squalifica di 4 anni da parte del Tribunale antidoping per tentato uso di sostanze dopanti. Questo procedimento era iniziato l'estate scorsa e la sentenza del tribunale chiude una lunga trafila burocratica, anche se Magnini non sembra affatto pronto ad accettare il provvedimento. "Sono sati i due anni più brutti della mia vita, ma allo stesso tempo anche i più belli grazie a Giorgia (Palmas, la compagna, ndr)" inizia così a parlare Re Magno che si sfoga su tutto quello che è successo finora. "Il nuoto è l'unica cosa per cui ho sacrificato tutta la mia vita e la squalifica è basata su supposizioni dell'accusa" queste le sue parole che spiegano come siano state "ignorate" prove e documenti riguardo la presunta sostanza dopante che avrebbe tentato di utilizzare, non riconosciuta e non sequestrata. 

La giustizia sportiva 

Magnini si interroga anche sul modus operandi della giustizia sportiva, che lo ha condannato, in controtendenza rispetto al procedimento penale - che vede sotto inchiesta il nutrizionista Guido Porcellini (in primo grado sanzionato 30 anni dal Tna) - in cui è stato scagionato perché estraneo ai fatti. "A Santucci, nelle prime ore due ore di interrogatorio. viene suggerito di dare tutta la colpa a me" dice Filippo che continua: "nelle registrazioni si evince che il controllo che volevamo fare era sul prodotto, come è stato detto dallo stesso sostituto procuratore, e non sulle urine. Il controllo del prodotto è consentito e si può fare, nel mio caso si passa a quello sulle urine". L'ex nuotatore azzurro, accusato di farsi assistere da Porcellini per l'assunzione di integratori 'plus', ha fornito poi la sua versione anche su quest'ultima parola. "E' un termine normale che si usa per integrazione superiore, più accurata, certo io in quei periodi andavo a Livigno, in montagna, e non si sono documentati sul fatto che l'integrazione deve cambiare durante un periodo in altura - ha raccontato - Si rischia l'overtraining se non si fa integrazione mirata, visto che questa parola plus ai loro occhi sta a indicare doping", ha aggiunto prima di mostrare una serie di prodotti, leciti e più o meno comuni, tutti con la parola plus.

Ricorso al Tas e la posizione di Malagò

"A me dispiace il fatto di aver visto che in altre occasioni anche in casi di doping chiaro almeno una frasetta è stata detta - ha evidenziato Magnini riguardo il presidente del Coni Giovanni Malagò - Quello si, in un caso come il mio in cui non c'è un caso doping...". Re Magno, tuttavia, non si è sentito abbandonato da tutti i suoi compagni di vita: "Ho avuto compagni di squadra che subito si sono schierati dalla mia parte anche pubblicamente, Dotto, Paltrinieri, Martinenghi, ci sono stati anche tanti atleti internazionali - ha sottolineato - La federazione a dir la verità ha fatto subito un comunicato stampa e dopo il primo grado più volte ha ribadito di essere totalmente al fianco dei ragazzi che conosce e comunque sanno determinati meccanismi. Poi però si è limitato a questo". La speranze di Filippo Magnini, dunque, di far venir fuori la sua verità riguardo questa storia è riposta nel ricorso al Tas, seppur al momento sia incerto e con tempistiche molto lunghe: "Pesano su questa mia decisione l'ulteriore e ingente sforzo economico che dovrei sostenere e una incertezza latente su una vicenda che ha tanti lati oscuri", ha ammesso l'ex nuotatore pesarese.

Federica Pellegrini non ha parlato

Discorso a parte merita Federica Pellegrini, che all'epoca dei fatti era la compagna di Filippo e conosceva a sua volta il dottor Porcellini. "Mi fa strano che non abbia a sua volta rilasciato una dichiarazione o una qualche parola su tutta questa vicenda, ma ognuno fa le sue scelte e ognuno decide cosa è meglio fare - ha evidenziato il pesarese -. Ovviamente il punto di domanda più grosso è come mai un procuratore che dovrebbe cercare di avere una posizione più chiara su tutta vicenda non senta la persona che in quegli anni in quel momento era la mia compagna del tempo, con la quale convivevo, avevamo rapporto professionale con la stessa squadra e anche lei era seguita dal dottore Porcellini. Sono sicuro che la sua verità avrebbe confermato il fatto che il dottor Porcellini non ha mai proposto o dato integratori illeciti agli atleti". Ci sono tanti lati oscuri su questa vicenda, ma ciò che spicca è che Magnini non ha intenzione di fermarsi alla sentenza che lo vede colpevole, ma vuole provare a far sì che la verità esca fuori.


© RIPRODUZIONE RISERVATA