La crisi energetica uccide lo sport: lo Stato intervenga

La crisi energetica uccide lo sport: lo Stato intervenga© AP
Alessandro F. Giudice
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L’aumento esponenziale dei costi energetici può assestare un colpo durissimo a migliaia di società sportive minori, quelle che faticano a quadrare i bilanci vivendo in prevalenza dei contributi degli iscritti. Dietro ci sono famiglie che fanno sacrifici per garantire ai minori la pratica sportiva, praticanti amatoriali che dedicano il tempo libero alla disciplina amata.

Da Verona arriva un (altro) segnale d’allarme, di quelli che non possono essere ignorati: una società affiliata ASI (Associazioni Sportive e Sociali Italiane), la CSS Verona, rinuncia a iscriversi al campionato di serie A1 di pallanuoto femminile, trovandosi impossibilitata a fronteggiare l’aumento delle bollette. Magari scatterà (speriamo) la solita gara di solidarietà per consentire alla squadra di partecipare al torneo, ma certamente il problema dilagherà. Per rendersi conto, il prezzo del gas naturale sui mercati internazionali da inizio anno è triplicato, come fotografato dai futures quotati ad Amsterdam che hanno sfondato quota 300.000, da 100.000 a gennaio. La lievitazione nel prezzo della materia prima si trasmette a cascata sull’intera catena distributiva arrivando ai consumatori in bollette aumentate del 160% rispetto al 2019, come spiega Claudio Barbaro, presidente ASI. In ginocchio finiscono soprattutto palestre e piscine, che necessitano di riscaldamento a cui aggiungere un costo dell’elettricità salito del 110%. Tutto ciò mentre l’inverno deve ancora arrivare e buona parte dell’inflazione della materia prima deve ancora essere incorporata nelle bollette. La crisi energetica rischia di arrecare più danni del Covid al settore della pratica sportiva di base, già duramente provato dai lockdown. Un problema che colpirà quasi 5 milioni di praticanti, iscritti alle federazioni italiane affiliate al CONI, ma soprattutto gli sport al chiuso. Cosa si può fare? Non molto, perché la crisi energetica è gravissima. Alcuni governi europei hanno già stimato in 50-100 miliardi il costo da coprire se si vorrà proteggere le famiglie dall’incremento dei costi. A ciò si aggiungono migliaia di imprese a rischio chiusura. In un quadro così catastrofico. si può solo sperare che lo sport sia considerato tra le attività in qualche modo, seppure parziale, da tutelare. È importante per preservare posti di lavoro, proteggere società sportive storiche ma soprattutto garantire la pratica sportiva a ragazze e ragazzi, soprattutto delle famiglie meno abbienti. Il governo avrà molto da fare: quello uscente ma soprattutto quello che emergerà dalle elezioni del 25 settembre. Non tutto sarà rimediabile, ma l’unica richiesta da fare è che lo sport di base non sia lasciato fuori dagli interventi necessari a fronteggiare l’emergenza.


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