Nino Benvenuti ricorda Sandro Mazzinghi: "Il mio rivale più duro, era un guerriero"

"Per salire sul ring e fare il pugilato ci vuole coraggio e lui, credetemi, ne aveva tanto"
Nino Benvenuti ricorda Sandro Mazzinghi: "Il mio rivale più duro, era un guerriero"
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"Sandro Mazzinghi? La nostra rivalità era come quella fra Coppi e Bartali, abbiamo diviso l'Italia dello sport e, nel nostro caso, del pugilato, sport che più di ogni altro, secondo me, determina il valore di un atleta". Nino Benvenuti ricorda così il grande rivale scomparso, con cui c'era un dualismo anche alla Mazzola-Rivera, perché a quei tempi in Italia la boxe era disciplina da prima pagina. Parlando di Mazzinghi, l'ex campione del mondo dei pesi medi fa riflessioni amare e personali. "Arrivati a questo punto dell'esistenza (ha 82 anni, Mazzinghi li avrebbe compiuti a ottobre n.d.r.) può succedere di andarsene - dice Benvenuti -. E' accaduto a Sandro, ora potrebbe toccare a me, intanto è già bello essere qui a parlarne, di lui e di me e delle battaglie a cui abbiamo dato vita sul ring".

È morto Sandro Mazzinghi

"Per batterlo dovevi dare veramente qualcosa in più - ricorda -, io ne so qualcosa. Quelle fra noi sono state 'battaglie' dure. Se devo definirlo con una parola dico che Sandro era un guerriero. Sul ring ti metteva paura, lo guardavi negli occhi e capivi che per lui c'era solo il volerti sopraffare, voleva vincere a tutti i costi". Contro Benvenuti non gli capitò, e a Mazzinghi non andò mai giù il verdetto di quel secondo incontro tra i due, a Roma nel 1965, convinto com'è stato, per tutta la vita, di aver vinto. "Ma certe cose con il tempo si dimenticano - commenta Benvenuti -, fra noi c'era rispetto e lo ricordo con affetto. Per parlare di lui bisogna trovare le parole migliori. Io lo considero il mio rivale più tenace in assoluto, uno quasi imbattibile e averlo sconfitto per me è stata un'impresa: ci siamo sempre battuti arrivando ognuno allo stremo delle forze. Per salire sul ring e fare il pugilato ci vuole coraggio e lui, credetemi, ne aveva tanto. Sul quadrato non puoi nasconderti, e lui era uno di quelli che non lo faceva mai. Quando guardi il rivale non pensi a cose brutte, ma lui incuteva rispetto, sapevi già che c'era da soffrire. Avevo ottenuto cose che pochi altri avevano, e averlo battuto sicuramente ha dato qualcosa in più alla mia carriera".


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