Tocca all'Italia, Allan sfida la maledizione

Stasera contro la Francia, la baby apertura azzurra deve esorcizzare un ruolo storicamente... agitato
Tocca all'Italia, Allan sfida la maledizione© AP
Francesco Volpe
4 min

INVIATO A GUILDFORD
Tommaso Allan non ha più i brufoli. Il ragazzino è cresciuto, l’anatroccolo sta diventendo cigno. Non ha smesso le piume, ma i segnali ci sono tutti. Nei tre test estivi ha preso in mano la squadra, dettato i tempi, inventato soluzioni. Non è ancora Dan Carter, figuriamoci, e neppure Diego Dominguez, ma c’è luce in fondo al tunnel. La maledizione azzurra del numero 10 è dura a morire. Anche alla Coppa del Mondo, soprattutto alla Coppa del Mondo. Nelle ultime edizioni, e non solo, un romanzo nel romanzo.
    Australia 2003: John Kirwan giubilò Ramiro Pez e chiamò il maori bresciano Rima Wakarua dopo l’ultimo test di preparazione. «Non placca» la motivazione del taglio dell’italo-argentino. Non placcava neppure Wakarua, ma non fu per quello che andammo a casa. Francia 2007: Gran Sei Nazioni con Pez e Scanavacca, coppia perfetta, una sana concorrenza. Macché. Pierre Berbizier fa fuori il rodigino e sposta all’apertura De Marigny. Polemiche a non finire e la Caporetto con gli All Blacks dopo il rifiuto di guardare l’Haka fa implodere il gruppo. Nuova Zelanda 2011: Gerarchie definite.  Orquera è il titolare, Bocchino la riserva. Solo che a metà del match decisivo, contro un’Irlanda di per sè più forte, Orquera si fa male e Bocchino evapora sotto la pressione: da 6-9 a 6-36. E stavolta non è che sia andata meglio. Una stagione a puntare su Kelly Haimona, altro maori, e quello che fa? Si rompe un braccio nel Sei Nazioni. La frattura non si salda, nuovo intervento, i tre mesi diventano sei. Addio Mondiale. Una maledizione, appunto.

PELLE D’OCA - Allan non è superstizioso. E’ un ragazzo colto, positivo. Sul braccio destro ha tatuata una frase di Gandhi - «Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci» - Parla seduto su una sedia nella piccola saletta stampa dell’hotel degli azzurri e sorride, non si tiene dentro i sentimenti. Quando gli ricordi che oggi gioca da titolare a Twickenham contro la Francia, sorride, si tocca il braccio e ammette: «Mi viene la pelle d’oca». Nel tempio ci andò per la prima volta da ragazzino, mano nella mano con papà William, scozzese. Ci è tornato in maglia azzurra a febbraio. Dieci minuti al posto di Haimona, neanche il tempo di emozionarsi. «Stavolta è un’altra cosa. Mi aspetto un’atmosfera meravigliosa».
    Anche l’Allan visto nei test estivi è diverso. Più calmo, più sicuro. Non vive con l’ombra di Haimona (e di Orquera), sa che il posto è suo e deve solo confermare di meritarlo. «Più che pressione avverto eccitazione. Ci siamo preparati benissimo. La Francia l’abbiamo già battuta, sappiamo come si fa. E lo 0-29 di Roma (a marzo; ndr) non ci condiziona. Momenti diversi, tornei diversi. Io mi sento più positivo, ho fiducia in me. Qualcosa è cambiato durante l’ultimo Sei Nazioni, ma mi sono infortunato subito (proprio contro la Francia; ndr) e non ho potuto dimostrarlo. Sono più sereno in allenamento, non avverto tensione prima delle partite, provo a divertirmi in campo. E per un’apertura la calma è tutto. La competizione con Haimona non c’entra. Quella può farmi solo migliorare».

NOVITA’ - Da un mese e mezzo ha cambiato l’allenatore personale per i calci. Si affidava al golfista francese Patrice Amadieu - lo swing del golf e il calcio del rugby hanno molto in comune - adesso ha virato su uno specialista inglese di cui non rivela il nome («Una sua richiesta»). «Lo chiamo, gli mando i video, gli spiego com’è andata la seduta e lui mi dice cosa fare. La prima mossa è stata abbassare la piazzola di gomma, la seconda focalizzare un punto sopra la traversa. Una specie di mirino, molto piccolo: se anche sbaglio, ho margine».
    Tommaso sarà il secondo Allan a giocare la Coppa del Mondo. Il primo fu zio John, per la Scozia, nel 1991. John vive in Sudafrica. Oggi in tribuna ci saranno mamma Paola e papà William, oltre a zia e cugina, arrivate apposta da Vicenza. Al Perpignan, il suo club, tutti gli stranieri fanno il tifo per Tommy. «Torna prima possibile» gli ha detto invece il presidente Riviere, con una punta di sana malizia. «Ed io invece questa Coppa me la voglio godere a lungo». Ha 22 anni, è la più giovane apertura mai schierata dall’Italia in un Mondiale. E non è supertizioso.


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