Tra gli All Blacks c'era un supereroe

La passione segreta di Carter, protagonista del trionfo ai Mondiali: collezionare costumi delle star dei fumetti
Tra gli All Blacks c'era un supereroe© PA
Francesco Volpe
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L’altra faccia del pianeta Dan Carter è venuta alla luce in conferenza stampa alla vigilia della finale di Coppa del Mondo, la scorsa settimana. «Ali Williams (grande ex All Black; ndr) ed io amiamo vestirci da supereroi». Prego? «Sì, negli anni abbiamo messo su una bella collezione di costumi - ha spiegato l’apertura neozelandese, con il suo solito sorriso aperto e disarmante - Lui preferisce mettere quello di Superman, a me piace Wolverine, ma se devo proprio scegliere mi travesto da Phantom». Meglio conosciuto in Italia come l’Uomo mascherato. «Il guaio è che mia moglie - Honor Dillon, ex nazionale di hockey su prato - ha sfrattato la collezione dal guardaroba perché ora gli serve per i vestiti dei bambini». Ne ha due, maschi (Marco James, due anni e mezzo, e Fox William, otto mesi). «Ora i nostri costumi sono parcheggiati a casa di Ali».
    La faccia conosciuta del pianeta Dan Carter è ben nota e tempestata di pietre preziose. Due volte campione del mondo, tre volte giocatore dell’anno, primatista assoluto di punti in test-match (1598). E da dicembre sarà il rugbista più pagato di sempre: il Racing di Parigi gli verserà 1,7 milioni di euro l’anno per tre stagioni. Insomma, se Carter si mettesse a camminare sull’acqua, ormai, non stupirebbe nessuno.

DROP - Il rugby è sport di squadra per eccellenza. E gli All Blacks 2015 sono probabilmente la più grande squadra di tutti i tempi. Eppure senza il talento e l’esperienza di Carter difficilmente sarebbero venuti a capo degli ultimi due ostacoli mondiali: il Sudafrica in semifinale e l’Australia in finale. Nel primo caso, sul 7-12 e con la squadra in 14, Dan ha piazzato il drop del 10-12 e poi strappato il pallone da cui è nata la meta decisiva del suo erede Beauden Barrett. In finale, poi, ha infilato da 45 metri il drop che ha spezzato la rimonta dei Wallabies e consegnato di fatto alla Nuova Zelanda la seconda Coppa del Mondo consecutiva. «Prima di tirare il drop contro il Sudafrica ci ho pensato 20 secondi». Contro l’Australia sono stati molti meno. Un amen, un battito di ciglia. L’esecuzione, cambio di direzione incluso (il nostro è tutto mancino) ne ha richiesti meno di due! E la prestazione di Twickenham - 19 punti, più 12 placcaggi (migliore dei suoi...) - non è stata neppure la più bella della sua carriera. Quella risale a dieci anni fa, quando Dan, che ne aveva 23, distrusse da solo i Lions britannici in tour, segnando 33 punti e due mete.
    In mezzo tanti trionfi e un giorno da dimenticare. Primo ottobre 2011: stiramento agli adduttori in allenamento, fine della Coppa del Mondo che Carter e gli All Blacks stavano giocando a casa propria. Il giorno dopo sulle prime pagine dei quotidiani locali c’era solo lui, Dizzy (da D.C., ma pronunciato alla neozelandese, con le labbra a fessura). «Quattro anni fa non avrei mai pensato di essere qui - ha spiegato dopo il trionfo di Twickenham - ma quell’infortunio mi ha spinto ad andare avanti. E questa vittoria è il modo migliore per chiudere la mia carriera internazionale. Non avrei potuto scrivere un finale più bello».

INVINCIBILI - Nato a Leestow, un villaggio a 40 km da Christchurch, Carter è figlio di un rugbista (Neville) e soprattutto pronipote di Bill Dailey, uno dei mitici Invincibili, gli All Blacks che nel 1924-25, viaggiando tra Isole britanniche e Francia, vinsero 32 partite su 32 (di cui 4 test). Insomma, le stimmate dell’eroe sportivo erano già nei suoi cromosomi. Chissà se ora i fumettisti ne faranno un supereroe.

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