Minozzi esclusivo: "L'Italia è una boccata d’ossigeno”

Il rugbista azzurro è tornato a giocare in patria dopo tre travagliate stagioni in Inghilterra con i Wasps
Minozzi esclusivo: "L'Italia è una boccata d’ossigeno”© Getty Images
Christian Marchetti
5 min

Matteo Minozzi è nato con la camicia. Di una taglia diversa, ma pur sempre con la camicia. La velocità, l’esplosività, la sfrontatezza del funambolo che sbeffeggia la forza di gravità e la capacità di incassare del pugile di provincia. Forse è proprio per questo che gli si vuol bene e che molti abbiano applaudito il suo ritorno in azzurro. Ritorno in piena “epoca” Capuozzo, il ragazzo al quale dovrà provare a sfilare la maglia numero 15 di estremo o con cui provare a giocare assieme. Sì, toccherà proprio al 26enne padovano Matteo “il Pity” Minozzi che appena due anni fa il 15 lo aveva praticamente tatuato: 24 presenze, 11 mete. Ciò prima di rinunciare al Sei Nazioni 2021 per provare a giocarsela con il suo club (gli inglesi Wasps), aver visto fallire quello stesso club, essersi frantumato le ginocchia, aver rischiato di perdere un occhio (distacco della retina) e aver preso più botte in testa di un tirapugni al luna park.

Minozzi, l’ultima botta della serie l’ha presa sabato con l’Italia A, che ha segnato 10 mete all’omologa romena. Come va adesso??

«Normale amministrazione. Tuffandomi sono finito con la tempia sul ginocchio di un avversario e sono uscito in barella. Una precauzione, visto che ho la collezione di traumi cranici. Sarà per via del mio stile di gioco che prevede frequenti contatti».

Però è tornata la Nazionale...?

«E sono felicissimo. Da quei 56 minuti contro l’Argentina nel novembre 2021 sono successe tante cose e molte negative. La convocazione è arrivata come una boccata d’aria, sebbene non abbia giocato molto con la mia nuova squadra, il Benetton Treviso».

Come andava in Inghilterra?

?«Stadio a Coventry, allenamenti poco lontano. Vivevo con Francesca, la mia compagna, babysitter a contratto costretta anche lei, di punto in bianco, a fare le valigie. Non dico che avremmo potuto pianificare il futuro, perché per gli sportivi quella parola praticamente non esiste, però mi stavo rilanciando, avevo conquistato un ruolo da titolare nonostante gli infortuni e prendevo sempre più confidenza con un campionato impegnativo come la Premiership».

Arriva il Covid, gli Wasps falliscono, lei firma con Treviso e a novembre, al debutto, incappa in un’espulsione per un piede in faccia a Wes Goosen dell’Edimburgo. Se ci ripensa...?

?«Ancora non ci credo: non avevo mai preso un rosso, solo un giallo contro Exeter. Lì invece mi faccio espellere dopo 9 minuti per un gesto dettato più che altro dall’inattività. Oramai ho imparato ad accettare con filosofia questi episodi assurdi».

L’occhio sinistro intanto come va?

?«Meglio. La vista è calata, ma uso lenti a contatto. Anche lì un’avventura: operato a Londra nel maggio 2020 in un ospedale vuoto a causa del Covid. Allucinante».

Nel frattempo è arrivato Capuozzo, sa??

«Abbiamo la stessa filosofia: sfidare tutti, anche se siamo entrambi distanti dallo stereotipo del rugbista grosso. È fortissimo e gioca nel miglior club d’Europa, Tolosa, che certo la maglia col 15 non la regala. Lo metto tra i migliori del Sei Nazioni. Io sono già contento di stare nel gruppo, in un ambiente e con un approccio diversi rispetto al passato. Potrei giocare anche ala, ma ci sono già Bruno in gran forma, Padovani idem e, volendo, Menoncello. Spero di dare una mano con la mia esperienza».

A proposito di ali: se le dicessimo Odogwu e lo stesso Bruno??

«Inizio dal secondo: Pierre lo conosco da un raduno in Under 17 e poi per l’esperienza a Calvisano. Siamo molto legati, veniva anche a trovarmi in Inghilterra nei momenti di difficoltà. Quanto al mio ex compagno di squadra Paolo Odogwu (“diviso” tra le nazionali di Italia e Inghilterra, per via delle origini del padre; ndr), non lo sento dal licenziamento. Ultimamente ha ribadito pubblicamente che l’Inghilterra resta la sua prima scelta. Io penso che abbia ragione il presidente federale Innocenti: “Chi indossa l’azzurro deve volerlo”».

Senta, ma perché “Pity”??

«Lunga storia. Me lo affibbiò Joaquin Paz ai tempi del Calvisano. Gli ricordavo un cantante argentino. Più tardi capii che si trattava di uno scherzo. Però “Pity” mi piace».


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