Lamaro: "Il rugby ti mette a nudo, impossibile nascondersi"

L'intervista al capitano della Nazionale dopo l'indimenticabile esperienza appena conclusa del Sei Nazioni
Lamaro: "Il rugby ti mette a nudo, impossibile nascondersi"© Getty Images

Caelan Doris come Joker, l’acerrimo nemico di Batman. Il ruolo dell’uomo-pipistrello lo diamo invece a Michele “Mitch” Lamaro, che all’ultimo Sei Nazioni avrà pure tirato 103 placcaggi - record del torneo da quando hanno convinto qualcuno a contarli - ma secondo il capitano dell’Italrugby è proprio Doris il più duro da placcare: «Gli irlandesi fanno tutti piccole finte prima del contatto. Poi però c’è lui, una superpotenza». Comunque sia Gotham City è salva, il Sei Nazioni 2024 è già in archivio come il migliore della storia e all’ottavo posto del ranking mondiale c’è quell’Italia che sulla strada ha ritrovato anche il suo uomo-simbolo, appena cinque mesi fa intento a leccarsi le ferite per le batoste da Francia e All Blacks.

Lamaro, questo Six Nations è la sua più grande gioia da capitano? Dopo averci pensato su un bel po’, il 25enne flanker romano del quartiere Aurelio risponde:
«Per ora è un bell’arrivo. Un bel risultato, che non mi impedirà di vivere altri giorni di festa. È una delle gioie più grandi, sì, ma ci sono mille altre cose che potremmo fare meglio, sia sul piano dei risultati che della solidità».

Non è stata proprio la solidità la vostra forza?
«Sì, e ciascuno ci ha messo del proprio. La costanza nell’eseguire certe cose è stata fondamentale per quell’aspetto».

Il ct Gonzalo Quesada ha detto che lei è uno dei migliori capitani con cui abbia lavorato. Orgoglioso?
«Certo. Come mi lusingano i complimenti che mi stanno arrivando. È in questi momenti che ti ritrovi a darti pacche sulle spalle e a elogiarti, ma siamo tutti consapevoli che è stato il primo passo. I festeggiamenti sono passati, ora bisogna pensare al prossimo capitolo».


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Ossia centrare traguardi importanti anche con il suo Benetton Treviso e il tour estivo azzurro contro Samoa, Tonga e Giappone.
«Tappe fondamentali. In chiave Nazionale, in particolare, il tour nel Pacifico ci metterà di fronte a tre squadre ostiche seppure alla nostra portata. Dovremo continuare su questa onda».

E se invece potesse tornare indietro di due mesi cosa cambierebbe?
«La partita con l’Inghilterra. Quella contro la Francia avremmo dovuto chiuderla prima, ma contro gli inglesi ci siamo ritrovati in una situazione particolare, non ci aspettavamo di ritrovarci a condurre sin dall’intervallo, e ci siamo un po’ contratti. Brutto infine il 36-0 dall’Irlanda, ma siamo stati bravi, da lì, a non entrare in una spirale negativa che avrebbe condizionato il prosieguo».

Sabato ha chiesto rispetto. Anzitutto dal Galles, per alcune dichiarazioni pre-partita e qualche aspetto dell’ospitalità che forse poteva essere gestito meglio.
«Le cose che ho detto ovviamente rimangono, ma non volevo ingigantirle troppo. C’ero rimasto male, tutto qui».

La critica che l’ha maggiormente ferita in questi anni?
«Esigente come sono, sono io il primo a contestarmi e l’autocritica può essere ancora più pesante. Chiaro che non facciano piacere certe parole che arrivano dall’esterno, ma da sportivo devo accettare che chiunque dice la propria».

Ha detto anche di essere infastidito da tutto questo gran parlare di futuro.
«Perché si rischia di perdere il contatto con il presente. Ne sento parlare dall’Under 18. È chiaro che un Menoncello, tra 10 o 12 anni, dovrà poter contare su un ricambio dietro di lui, ma non dimentichiamo di cosa stiamo vivendo e ricordiamoci quanto abbiamo faticato dal 2015 a oggi».


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Come ci si sente dopo un Sei Nazioni? Stanchezza fisica a parte.
«Ah, godersi questi momenti è una delle gioie più grandi. Hai più o meno 24 o 48 ore di pausa in cui stacchi la spina pur ricaricandoti di energia. Ricorda un po’ i tempi della scuola o del post-sessione all’università».

Capito: da quanto tempo non staccava?
«Eh, nel mio caso bisogna tornare all’inizio della stagione 2022-23».

Michele Lamaro miglior placcatore del torneo, “Nacho” Brex che colleziona titoli di “man of the match” come fossero figurine e il 21enne Tommaso Menoncello candidato a miglior giocatore del Torneo. Al di là delle etichette, quanto è bello per il nostro rugby?
«Tantissimo. Ci prendiamo questi riconoscimenti perché non succede spesso di averli. Ci fanno capire quanto siamo vicini alle squadre importanti. E comunque l’altro giorno, con Garbisi, parlavo di quanto questo nostro sport ti metta a nudo».

Cioè?
«Cioè nel rugby è difficile nascondersi, anzi è impossibile che una persona con poche qualità riesca a offrire una buona prestazione grazie alla fortuna. Non ci si può nascondere, ed è bello che molti di noi si mettano in luce anche individualmente».


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Caelan Doris come Joker, l’acerrimo nemico di Batman. Il ruolo dell’uomo-pipistrello lo diamo invece a Michele “Mitch” Lamaro, che all’ultimo Sei Nazioni avrà pure tirato 103 placcaggi - record del torneo da quando hanno convinto qualcuno a contarli - ma secondo il capitano dell’Italrugby è proprio Doris il più duro da placcare: «Gli irlandesi fanno tutti piccole finte prima del contatto. Poi però c’è lui, una superpotenza». Comunque sia Gotham City è salva, il Sei Nazioni 2024 è già in archivio come il migliore della storia e all’ottavo posto del ranking mondiale c’è quell’Italia che sulla strada ha ritrovato anche il suo uomo-simbolo, appena cinque mesi fa intento a leccarsi le ferite per le batoste da Francia e All Blacks.

Lamaro, questo Six Nations è la sua più grande gioia da capitano? Dopo averci pensato su un bel po’, il 25enne flanker romano del quartiere Aurelio risponde:
«Per ora è un bell’arrivo. Un bel risultato, che non mi impedirà di vivere altri giorni di festa. È una delle gioie più grandi, sì, ma ci sono mille altre cose che potremmo fare meglio, sia sul piano dei risultati che della solidità».

Non è stata proprio la solidità la vostra forza?
«Sì, e ciascuno ci ha messo del proprio. La costanza nell’eseguire certe cose è stata fondamentale per quell’aspetto».

Il ct Gonzalo Quesada ha detto che lei è uno dei migliori capitani con cui abbia lavorato. Orgoglioso?
«Certo. Come mi lusingano i complimenti che mi stanno arrivando. È in questi momenti che ti ritrovi a darti pacche sulle spalle e a elogiarti, ma siamo tutti consapevoli che è stato il primo passo. I festeggiamenti sono passati, ora bisogna pensare al prossimo capitolo».


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