Rugby Italia, il trionfo della maturità

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Rugby Italia, il trionfo della maturità© EPA
Francesco Volpe
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Segnatevelo questo giorno, perché è un punto di non ritorno. Come 27 anni fa, a Grenoble. Quel giorno furono i padri, la generazione dei Boomers, a schiantare la Francia del Grand Slam, vincere la Coppa Europa e abbattere a spallate le porte del Sei Nazioni. Erano guidati da un “cordobés” di mamma milanese: Diego Dominguez. Testa sopraffina, piede fatato, mani d’oro. Ieri è toccato ai loro figli, a quella generazione Z che, se riesce a non farsi divorare da social e telefonini, è capace di imprese straordinarie (dicono niente i nomi di Sinner e Bagnaia, Ceccon e Furlani?). La guida un ragazzo romano con le stimmate del predestinato, Michele Lamaro, e un coach argentino che sfoggia la serenità e il sorriso dei vincenti, Gonzalo Quesada. 

Sono loro il simbolo di questa nuova Nazionale, nata idealmente in un altro pomeriggio gallese. Quattro anni fa, primo febbraio, con un virus sconosciuto che già bussava alle porte, l’allora ct Franco Smith avviò il rinnovamento gettando nella mischia la classe 1998, la prima interamente cresciuta e forgiata dal sistema delle accademie. Gli azzurri si batterono ma non toccarono palla: 0-42, cinque mete sul groppone. Oggi siamo qui a raccontare della seconda vittoria consecutiva al Millennium di Cardiff, erede 2.0 del leggendario Arms’ Park. La cattedrale laica eretta da un popolo che respira rugby, per seguito e tradizione il contraltare europeo dei leggendari All Blacks. Ma se l’impresa del 2022, firmata dall’immaginifico contrattacco di Ange Capuozzo per la meta di Edoardo Padovani, aveva i crismi della follia e dell’imprevedibilità, questo è uno dei trionfi più razionali della nostra storia ovale. E non solo. 
Questa è la vittoria della maturità, di una crescita fulminante - ancora cinque mesi fa contavamo le mete al passivo in Coppa del Mondo - eppure logica in ogni suo aspetto. Ad onta di una squadra giovane, se non giovanissima, che ieri ha mandato a referto 12 giocatori su 23 nati dal 2000 in poi e nel complesso 16 sotto i 26 anni (e 16 di pura formazione italiana). A questi ragazzi Quesada ha semplicemente cambiato la testa. E il simbolo della metamorfosi è proprio “Mitch” Lamaro, il capitano uscito con il carisma sgualcito dal Mondiale francese e oggi leader indiscusso in campo e fuori. Per noi il miglior giocatore dell’intero torneo. Certo, ci saranno altri giorni neri, altre sconfitte. Nel rugby giochiamo sempre e solo con i migliori del mondo (o quasi)... Ma ieri la piccola Italia del rugby-spaghetti (ricordate?), quella che doveva far posto alla pur meritevole Georgia, ha consegnato il “cucchiaio di legno” al Galles dei dodici Grand Slam. No, da qui non si deve tornare indietro. 


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