Parasnowboard, Roberto Cavicchi: "Mai fermarsi alle apparenze"

In occasione del Premio Fabula, l'atleta azzurro ha parlato del suo incidente e della sua passione per lo sport: "Sulla neve mi sembra di volare"
Parasnowboard, Roberto Cavicchi: "Mai fermarsi alle apparenze"
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Un incidente in moto gli ha cambiato la vita: la cosa più difficile è stata reinventarsi, cambiare lavoro e tornare ad appassionarsi. Ma a chi lo guarda con occhi diversi risponde: «Mai fermarsi alle apparanze». È questo il messaggio principale che passa con Roberto Cavicchi, cinque volte campione italiano di snowboard, (ha partecipato alle Paralimpiadi del 2018 a PyeongChang) tra i protagonisti ieri del Premio Fabula, XII edizione del Festival di scrittura in programma a Bellizzi (Salerno) fino a venerdì 2 settembre. Il capitano di lungo corso del parasnowboard azzurro si è lasciato letteralmente travolgere dall’energia dei ragazzi, rispondendo, divertito, alla raffica di domande. Cosa ti è successo? Gli chiedono. «Plesso leso, praticamente arto sinistro paralizzato. Non lo muovo più, ma grazie alla famiglia e agli amici ho intrapreso una nuova strada e con lo sport ho vinto, raggiungendo anche traguardi che non mi aspettavo», ha raccontato in Arena Troisi.

Cavicchi: "Sulla neve mi sembra di volare"

E sì perché l’incidente lo riporta sulla neve, sulle vette di Folgarida, dove si riappropria di un contatto magico, quello con la neve e gli risveglia l’amore per uno sport che aveva praticato da bambino: lo snowboard. La tenacia lo riaccende e la passione mista al desiderio di riscatto diventa la sua rinascita. Cavicchi non molla, anzi. «Sulla neve mi sembra di volare, galleggio, plano, provo una sensazione meravigliosa. Dico sempre che lo snow che si è innamorato di me, ma la verità è che il nostro è uno scambio reciproco che mi regala adrenalina e gioia», ha aggiunto.

Cavicchi; "Si può essere belli o brutti con o senza disabilità"

Ma non è tutto. Dalle vette di recente si è spostato al mare. A quarant’anni è nata in lui la passione per il windsurf. «Non è ancora uno sport paralimpico, ci vorrebbero almeno 30 atleti, 5 per nazione, ma voglio credere che prima o poi accadrà, come è accaduto per lo snow. Magari quando succederà non sarò più atleta ma maestro, ma non importa». I dreamers si sono alternati con una serie di domande serratissime ma il suo saluto è stato da standing ovation: «Non fermatevi all’apparenza. Si può essere belli o brutti con o senza disabilità. Siamo persone», ha detto il campione salutando felice i ragazzi.


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