Sofia Goggia, 10.000 passi e scoprii la regina

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Sofia Goggia, 10.000 passi e scoprii la regina© EPA
Xavier Jacobelli
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Un antico proverbio orobico certifica: “Caratèr de la rassa bergamasca, fiama de rar sòta la sènder brasca”. Traduzione: carattere della gente bergamasca: s’infiamma di rado, sotto la cenere, brace. Questo è esattamente il carattere di Sofia, 30 anni, la ragazza bionica di Via Lavanderio, Val d’Astino, che, ancora una volta, ha ribaltato il mondo. Soltanto una come lei poteva vincere la seconda discesa di Coppa a St.Moritz con la mano sinistra rotta e operata il pomeriggio prima a Milano, firmando la ventesima vittoria della carriera nella competizione di cristallo. La verità è che quando si dice: ecco una che non molla mai, si pensa subito a lei. La sua frequentazione di sale operatorie, gabinetti ortopedici, fisioterapisti, onde d’urto e tecar è direttamente proporzionale al trono di vittorie sul quale è assisa. Che da grande sarebbe diventata regina, personalmente lo intuii in quell’aprile di cinque anni fa, quando Sofia accettò l’invito che le feci per il Corriere dello Sport: diecimila passi insieme (in senso letterale, facemmo a piedi il giro di Bergamo Bassa e Alta) per scoprire il suo mondo, per capire chi fosse, che cosa volesse, dove volesse arrivare la sciatrice che nel 2017 cominciava a scalare la montagna del successo. E, obbedendo a una massima tibetana, una volta arrivata in cima, intendeva continuare a scalare. Allora, come oggi, l’abbrivio fu un’operazione, non alla mano, ma al ginocchio. E non era la prima. «Ne avevo le tasche piene: dolore, intervento, rieducazione. Una tortura che non finiva mai. E invece, ti sembrerà strano, ma, a mano a mano che dicevo in giro adesso smetto, sentivo dentro di me una voce che suggeriva di fare esattamente il contrario. Quindi ho cambiato registro: a 14 anni facevo la sciatrice cittadina. Ero una lazzarona, faticavo ad allenarmi come dovevo. Il mio preparatore mi diceva: sei una gatta di marmo, un elefante in un negozio di cristalleria. Mi chiamavano Pachi che stava per pachiderma. Carino, vero? Ma io sono una che ama prendersi per i fondelli. Fra le mie doti ci sono l’erre moscia e l’autoironia». Ecco, se volete avere un’idea di chi sia Sofia e come abbia fatto a vincere a St. Moritz con la mano rotta, operata nemmeno ventiquattro ore prima, dovete pensare che nulla sia impossibile per un’ex Gatta di Marmo con la erre moscia. E tutto si tiene.


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