Goggia: “A Pechino l’impresa della mia vita”

Sofia a cuore aperto: «Dopo l’incidente preolimpico ho sperimentato la paura: mi sono avvicinata alla fede, ogni domenica leggo il Vangelo»
Goggia: “A Pechino l’impresa della mia vita”© EPA
Giorgio Coluccia
5 min

MILANO - Sofia Goggia per un attimo si emoziona, con l’aiuto delle immagini ripercorre quella rimonta impossibile durata 23 giorni. Al collo c’è un argento, ma un attimo dopo torna quella di sempre e ripensa che in fondo l’oro olimpico nella discesa libera di Pechino era lì a portata di mano, a soli 16 centesimi. Rieccola continuamente affamata e spietata, in grado di annullare i limiti fino a cancellare la soglia del dolore. Sky Sport gli ha dedicato una produzione originale (“23 Giorni. Il miracolo di Sofia Goggia” in onda dal 30 dicembre su Sky e in streaming su Now), chissà che non possa esserci un sequel visto che la lista delle imprese è in continuo aggiornamento. Come dimostra il dominio sulla seconda discesa di Sankt Moritz dello scorso weekend, nonostante la mano sinistra fratturata e operata solo poche ore prima. Inevitabile un paragone tra i due momenti di resurrezione arrivati quando la luce sembrava essersi spenta: «Sabato scorso - ha detto con la mano ancora avvolta in una vistosa fasciatura - non ho mai messo in dubbio la mia partecipazione perché contavo su un appoggio solido e sicuro. Con l’infortunio preolimpico invece ho sperimentato il concetto di paura, avevo il ginocchio traballante. Quella di Pechino rimarrà l’impresa della mia vita, in pochi sanno in che condizioni ero e quanta fatica ho fatto».

Elicottero

Nel docufilm di Sky i protagonisti più indiretti sono anche il professore di ortopedia Herbert Schoenhuber - che già l’aveva operata al crociato di un ginocchio a 14 anni, e il dottor Andrea Panzeri, presidente della commissione medica della Fisi. Goggia trattiene il fiato, poi racconta di essere passata dall’essere «una bambina molto introspettiva, che ha sempre reso poco partecipi gli altri della solitudine e della sofferenza» al diventare «un’atleta totalmente innamorata della vita perché lo sci è gioia, è il riflesso del mio carattere». La caduta avvenuta durante il SuperG a Cortina rimane impressa nella mente, portandosi dietro tanti brutti ricordi: «Quando sono caduta ho capito che era successo qualcosa al ginocchio. Ho scelto però di non farmi trasportare a valle in toboga, non l’avrei mai fatto a Cortina e mai davanti ai miei tifosi. In realtà non sentivo più le gambe, quando l’elicottero mi ha lasciata a Bresso non sono riuscita a fare nemmeno quei pochi metri che mi separavano dall’ufficio dove mi aspettavano. Mi hanno dovuto portare a braccia i due elicotteristi, la cosa che mi ha fatto più male è stata vedere la faccia di chi ti ama in una situazione del genere».

Dice Tomba

In chiave futura il mirino della campionessa azzurra sembra essersi sdoppiato. Da un lato l'ostica rincorsa in Coppa del Mondo, dall’altro lato l’appuntamento regale di Milano-Cortina 2026: «Nel breve periodo punto a conquistare piste dove non ho mai vinto come Garmisch-Partenkirchen, Altenmarkt e Meribel, che tra l'altro sarà sede dei Mondiali del prossimo anno. In più quello che sto affrontando sarà il quadriennio più importante della mia vita da sciatrice perché ho 30 anni. E già riuscire ad arrivare alle Olimpiadi in Italia sarebbe un sogno da realizzare. Come diceva il grande Alberto Tomba, il difficile non è arrivare in cima, ma restare lassù». Ad aiutare Goggia in quell’impresa di Pechino è stata la forza di volontà, ma anche la fede («leggo il Vangelo ogni domenica, mi sono avvicinata in modo spontaneo perché sentivo qualcosa dentro») per spazzare via quel dolore lancinante: «Ho una soglia abbastanza alta, questo è vero. Anche sabato scorso non ho usato antidolorifici, avevo così tanta adrenalina da scacciare il dolore. A Pechino non ho pensato al dolore, non gli ho dato spazio e mi sono concentrata su altro. In realtà a farmi davvero paura è il dolore emotivo».

Fame

In questa stagione i podi sono già quattro e su altrettante discese vanta due successi a Lake Louise e uno a Sankt Moritz, dove si è piazzata anche seconda. Adesso la attendono sessioni infinite in palestra, dopo l’immancabile controllo alla mano e un viaggio lampo a Roma per la firma di due esami presso la Facoltà di Scienze Politiche. Per il futuro la promessa è quella di limitare sempre di più le proverbiali “goggiate”: «Mi hanno impedito di vincere tante gare - ha ammesso la trentenne bergamasca - mi sono ripromessa di essere più stabile. Un lavoro che serve per la persona, ma anche dal punto di vista tecnico, perché lo sci è uno sport che si vince sui centesimi». Ha scelto di definirsi ambiziosa, cocciuta, razionale e anche sensibile. Senza perdere quella voglia insaziabile, come dimostra l’epilogo dei 23 giorni vissuti in apnea per recuperare: «In quei 16 centesimi di differenza dalla Suter c’è la fame che alimenterà il quadriennio». 


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