Scardina: “La boxe mi ha salvato dalla strada”

Il pugile si racconta, mentre in una pausa dal ring, è protagonista a “Ballando con le stelle” show del sabato sera di Rai 1. Il sogno americano, la famiglia e la voglia di mettersi sempre in gioco. Anche con la leggerezza.
Scardina: “La boxe mi ha salvato dalla strada”© ANSA
di Francesca Fanelli
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Quando ha dato il primo pugno?

Silenzio, come se non se l’aspettasse la domanda. Eppure Daniele Scardina con i pugni ha una certa confidenza. Pugile professionista, sul ring è King Toretto, ogni centimetro di pelle tatuata, esce dall’angolo e stende gli avversari. È sempre stato il sogno della sua vita. Lui nato a Rozzano nel milanese, un legame viscerale con il fratello. Poi l’America e ancora l’Italia.

Quando ha dato il primo pugno?

«In mezzo alla strada, capita... Davo pugni sempre».

Ma c’è stata una volta in cui ne ha tirato uno e si è sentito bene?

«Da piccolo ho rotto un vetro, i pezzi sono caduti e mi sono finiti sul piede. Mi sono fatto anche male».

La boxe perché?

«La passione la devo a mio zio Tino. A sedici anni passavo le ore a guardare i video affascinato. Ho anche giocato a pallone, ho fatto atletica. Ma la boxe è pazzesca, mi dà quello che non mi dà nessun’altra cosa».

“Vado in America” e sembra un film ma è quello che le è accaduto. Un salto nel vuoto?

«No, è il mio sogno americano. Volevo diventare pugile professionista in America. Quello è un paradiso, realizza i tuoi sogni se hai la forza di crederci e di non mollare mai. A me è successo».

Tipo?

«A diciotto anni sono partito. Ho tenuto duro. L’America ti offre un’occasione, poi devi essere tu bravo a sfruttarla. Prendi uno schiaffo e ti rialzi, ne prendi due e ti rialzi più forte di prima, finché non ci riesci. Dormivo tre, quattro ore a notte. Mi bastava. Di giorno lavoravo. Facevo traslochi, trasportavo mobili e li montavo, ho lavorato in un ristorante. Tanta fatica. La mattina presto mi allenavo, tiravo di boxe e crescevo».

Oggi ha quello che voleva?

«Da sei anni vivo in America. Sono stato a Miami e a New York. Io e mio fratello Giovanni abbiamo un team. Sono pugile professionista, ho una tecnica americana, quando combatto porto più colpi in sequenza. Sono uno stratega, perché ogni match sia perfetto. Sono al centro del ring nella mia testa, curo i dettagli. Ali danzava sul ring, io voglio eccellere».

Pugile anche per combattere i luoghi comuni. Non sbagliamo?

«La boxe mi ha salvato. Ero destinato alla strada e mi ha tolto da lì, le devo tutto. Vivevo in un posto dove era facile sbagliare e perdersi, io volevo essere grande in qualcosa. Sono andato via per questo».

“Ballando con le stelle” in tutto questo sembra una frivolezza, in realtà è molto di più.

«Era il 2019, ero in vacanza alle Maldive dopo l’incontro di ottobre (che ha vinto ovviamente, ndr). Me lo hanno proposto, ho detto che ci avrei pensato. Poteva essere una cosa bella nel mio percorso, diversa ma bella. Ho incontrato Milly e sono qui».

L’ha detto lei che “Ali danzava sul ring”, ma King Toretto sul palcoscenico è da applausi.

«Sono Dani, sono Scardina, solo sul ring sono King Toretto (come il protagonista della serie cinematografica “Fast and Furious”, ndr). La boxe è metodo, rigore, disciplina proprio come il ballo che ha i suoi passi, i tempi, le coreografie. Ho la testa dura. Sono uno che si adatta, si mette in gioco, un po’ di leggerezza non guasta. Non mi prendo mai troppo sul serio, ma grazie a questo programma posso dimostrare che lo sport aiuta e salva da situazioni peggiori. Io sono la dimostrazione, altrimenti mi sarei perso».

Chissà con tutti quei tatuaggi cosa avranno pensato e penseranno di lei.

«Già, l’errore è questo. Fermarsi all’apparenza. Io amo i tatuaggi, mi raccontano, ma la gente mi ha sempre giudicato prima, mi ha bollato senza vedere cosa ero e cosa avevo da dire e dare. Sono aggressivo sul ring, devo, non sono cattivo, nella vita no di sicuro, anzi».

Diamogli del tenerone. E allora dica chi è la donna più importante della sua vita?

Silenzio, non voleva forse... «Mia mamma Mariella, una guerriera, ci ha cresciuti con la voglia di lottare. Anche nonna Erminia. Oggi quello che sono lo devo a loro e a Dio».


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