Julian Assange sarà estradato negli Stati Uniti. Lo ha stabilito il ministro dell'interno britannico, Priti Patel, che ha dato il via libera dopo il completamento della procedura giudiziaria sulla vicenda che vede protagonista l'attivista australiano. Quest'ultimo rischia di dover ora scontare in un carcere americano una pena pesantissima, per aver contribuito alla diffusione, tramite Wikileaks, di documenti riservati riguardanti informazioni su crimini di guerra commessi dai soldati americani in Iraq e Afghanistan.
La reazione di Wikileaks
"Giorno buio per la libertà di stampa": questo è il primo commento dopo la notizia dell'estradizione che ha fatto Wikileaks, la piattaforma di cui Assange è il fondatore, annunciando di avere l'intenzione di presentare un ricorso. Il portavoce del ministero dell'Interno ha invece precisato che non c'è stata alcuna violazione dei diritti umani. Secondo i tribunali britannici non risulta che l'estradizione "sia incompatibile con i suoi diritti umani, compreso il suo diritto ad un processo equo e alla libertà di espressione". Assange ha ora 14 giorni per presentare regolare ricorso. In virtù di ciò l'attivista non sarà immediatamente estradato. Il 51enne potrà provare un ultimo appello, e se anche questo verrà rigettato, potrà rivolgersi alla Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo.