La vergona più forte della positività
La Di Cioccio spiega le dinamiche psicologiche che l'hanno fatta soffrire a lungo: "Mentre le terapie mi consentivano via via di vivere una vita sempre più normale, ad uccidermi è stata una smisurata vergogna di me stessa. Ho vissuto la malattia come fosse una colpa. Mi sentivo sporca, avevo timore di essere derisa, insultata, squalificata dal pregiudizio che ancora esiste nei confronti di noi sieropositivi. Così per difendermi, ho nascosto la malattia iniziando a vivere una doppia vita. Una sotto le luci della ribalta e un'altra distruttiva e depressa”.
"Ora sono fiera di me"
Poi la reazione, che Elena Di Cioccio racconta così: "Mi sono detta che una vita a metà non è vita, e ho capito che ne sarei morta se non avessi accettato la malattia. Oggi sono fiera di me, non mi vergogno più: l’Hiv è molto diversa da come la si immagina, sono negativizzata e finché mi curo io non posso infettare nessuno. Potete toccarmi, abbracciarmi, baciarmi e tutto il resto. Se volete continuare ad avere paura, io lo accetto, però girate lo sguardo verso il vostro vero nemico. L’ignoranza".