Biglietti nominativi anche per le discoteche
L'intervento di Tagliente: “Quando lo proponemmo per gli stadi, ci accusarono di voler militarizzare lo sport. Oggi quelle stesse misure vengono indicate come modello”
ROMA – «Quando proponemmo i biglietti nominativi per gli stadi e la flagranza differita, ci accusarono di voler militarizzare lo sport. Oggi quelle stesse misure vengono indicate come modello per garantire la sicurezza nella movida. Il tempo, come spesso accade, ha dato ragione a chi aveva il coraggio di innovare». A parlare è Francesco Tagliente, prefetto, già direttore dell’Ufficio Ordine Pubblico del Viminale e tra i principali artefici dell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive, l’organismo che nei primi anni 2000 avviò una vera e propria rivoluzione nella gestione della sicurezza negli stadi.
Il suo intervento arriva dopo la notizia della proposta — sostenuta dalla Questura e dalla Prefettura di Roma — di estendere l’obbligo di biglietti nominativi anche all’accesso alle discoteche, insieme ad altre misure già sperimentate con successo negli impianti sportivi, come la presenza di steward riconoscibili e regolamenti d’uso vistati dalle autorità comunali. «Quando introducemmo il concetto di biglietto nominale per gli eventi sportivi — ricorda Tagliente — fummo oggetto di forti resistenze. Ci dicevano che era una misura sproporzionata, che non sarebbe mai funzionata, che avrebbe allontanato il pubblico dagli stadi. Oggi tutti riconoscono che è stata una svolta. E la stessa cosa è accaduta con l’arresto in flagranza differita: una norma pensata per identificare e punire i responsabili di reati grazie ai video e alle immagini, anche a distanza di ore. Un’altra innovazione nata tra mille polemiche, ma oggi diventata fondamentale, anche per la tutela di medici e operatori sanitari, o per la sicurezza nei cortei e nelle manifestazioni».
Il prefetto sottolinea come quelle misure non furono il frutto di un’imposizione calata dall’alto, ma di un lungo lavoro collegiale e di ascolto: «C’era una squadra che non si è mai arresa. Lavoravamo con competenza, serietà e spirito di servizio. Facevano parte di quella squadra anche dirigenti come Roberto Massucci, che oggi da Questore di Roma si trova di nuovo a guidare una fase di transizione e innovazione. Lo trovo emblematico: chi ha contribuito a scrivere la storia della sicurezza negli stadi, oggi è chiamato a scrivere quella della movida urbana». E proprio l’episodio recente accaduto alla discoteca Fiesta dell’Eur — dove un uomo ha sparato contro un addetto alla sicurezza dopo essere stato allontanato — ha riacceso il dibattito sulla necessità di regole più stringenti anche per i locali notturni.
«Ciò che serve oggi è un modello gestionale efficace e replicabile, che sappia garantire la sicurezza senza compromettere il diritto al divertimento. Il “modello stadio” ha dimostrato di funzionare, perché coniuga prevenzione, responsabilizzazione e tracciabilità. Se applicato anche alla movida, può dare ottimi risultati».
Tagliente conclude con un ringraziamento a chi, all’epoca, non si tirò indietro:
«In quegli anni non fu facile. Chi credeva nel cambiamento doveva combattere contro le critiche, le accuse, i tentativi di bloccare ogni innovazione. Eppure non ci siamo fermati. Oggi, vedere che quelle stesse misure vengono proposte come esempio da seguire anche in altri ambiti, non può che renderci orgogliosi».
© RIPRODUZIONE RISERVATATutte le news di AttualitàIl suo intervento arriva dopo la notizia della proposta — sostenuta dalla Questura e dalla Prefettura di Roma — di estendere l’obbligo di biglietti nominativi anche all’accesso alle discoteche, insieme ad altre misure già sperimentate con successo negli impianti sportivi, come la presenza di steward riconoscibili e regolamenti d’uso vistati dalle autorità comunali. «Quando introducemmo il concetto di biglietto nominale per gli eventi sportivi — ricorda Tagliente — fummo oggetto di forti resistenze. Ci dicevano che era una misura sproporzionata, che non sarebbe mai funzionata, che avrebbe allontanato il pubblico dagli stadi. Oggi tutti riconoscono che è stata una svolta. E la stessa cosa è accaduta con l’arresto in flagranza differita: una norma pensata per identificare e punire i responsabili di reati grazie ai video e alle immagini, anche a distanza di ore. Un’altra innovazione nata tra mille polemiche, ma oggi diventata fondamentale, anche per la tutela di medici e operatori sanitari, o per la sicurezza nei cortei e nelle manifestazioni».
Il prefetto sottolinea come quelle misure non furono il frutto di un’imposizione calata dall’alto, ma di un lungo lavoro collegiale e di ascolto: «C’era una squadra che non si è mai arresa. Lavoravamo con competenza, serietà e spirito di servizio. Facevano parte di quella squadra anche dirigenti come Roberto Massucci, che oggi da Questore di Roma si trova di nuovo a guidare una fase di transizione e innovazione. Lo trovo emblematico: chi ha contribuito a scrivere la storia della sicurezza negli stadi, oggi è chiamato a scrivere quella della movida urbana». E proprio l’episodio recente accaduto alla discoteca Fiesta dell’Eur — dove un uomo ha sparato contro un addetto alla sicurezza dopo essere stato allontanato — ha riacceso il dibattito sulla necessità di regole più stringenti anche per i locali notturni.
«Ciò che serve oggi è un modello gestionale efficace e replicabile, che sappia garantire la sicurezza senza compromettere il diritto al divertimento. Il “modello stadio” ha dimostrato di funzionare, perché coniuga prevenzione, responsabilizzazione e tracciabilità. Se applicato anche alla movida, può dare ottimi risultati».
Tagliente conclude con un ringraziamento a chi, all’epoca, non si tirò indietro:
«In quegli anni non fu facile. Chi credeva nel cambiamento doveva combattere contro le critiche, le accuse, i tentativi di bloccare ogni innovazione. Eppure non ci siamo fermati. Oggi, vedere che quelle stesse misure vengono proposte come esempio da seguire anche in altri ambiti, non può che renderci orgogliosi».