Vaccino, farmaci e immunità: ecco le tre buone notizie sul Coronavirus

Dal remdesivir, un antivirale sperimentale, all'immunità dopo il contagio: tutto quello c'è da sapere
Vaccino, farmaci e immunità: ecco le tre buone notizie sul Coronavirus© EPA
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Il farmaco anti Coronavirus, il vaccino e l'immunità sono i tre grandi temi che accompagnano gli sviluppi sul Covid-19. Si dice che il virus stia diventando meno aggressivo, si parla anche di anticorpi sviluppati dopo il contagio. 

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Anthony Fauci, l'autorevole virologo della task force Usa contro il Coronavirus, non esclude che gli Usa possano arrivare al vaccino entro il prossimo gennaio. "Vogliamo procedere velocemente ma vogliamo assicurarci che sia sicuro ed efficace. Penso che sia fattibile se le cose vanno nel verso giusto", ha detto ai media. La strada, ha spiegato, è assumersi il rischio di cominciare la produzione con le società coinvolte presumendo che funzioni e, in tal caso, aumentarla.

Remdesivir, il farmaco che funziona

Sono stati "molto incoraggianti" i test condotti anche nel Regno Unito sull'uso del Remdesivir, farmaco anti-virale nato per contrastare l'Ebola, fra i pazienti colpiti dal Covid-19. Lo confermano alcuni ricercatori, pur suggerendo per ora di non spingersi oltre "un cauto ottimismo". "I risultati dei primi nostri trial sono davvero promettenti rispetto a qualunque altro trattamento", ha detto a Bbc Radio 4 Abdel Babiker, professore di epidemiologia e statistica medica alla Ucl di Londra, notando come i pazienti testati si siano ripresi "molto più rapidamente" di quelli sottoposti a placebo; e sebbene ammettendo che c'è ancora "un po' di strada da fare". Il professor Mahesh Parmar, direttore del reparto di medicina di laboratorio della stessa Ucl, si è detto da parte sua "cautamente ottimista", invocando ora "un dibattito aperto" nella comunità scientifica internazionale. Ancor più prudente Brian Angus, docente di infettivologia a Oxford, secondo cui al momento il Remdesivir fa rilevare "alcuni effetti positivi, ma non miracolosi" e occorre una più ampia raccolta di dati.

Secondo uno studio statunitense sostenuto dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases, l'uso del remdesivir accelera la guarigione da Covid-19 del 31% rispetto a chi non segue la stessa terapia. In particolare, il tempo medio di recupero è stato di 11 giorni per i pazienti trattati con remdesivir rispetto alle due settimane di coloro che, invece, avevano ricevuto placebo. I risultati hanno anche fatto notare un beneficio in termini di sopravvivenza, con un tasso di mortalità dell'8% per il gruppo trattato con remdesivir rispetto all'11,6% per il gruppo che aveva ricevuto un placebo. Il primo partecipante allo studio è stato un americano rimpatriato dopo essere stato messo in quarantena sulla nave da crociera Diamond Princess che attraccò a Yokohama, in Giappone. Il remdesivir è un trattamento antivirale sperimentale ad ampio spettro somministrato per 10 giorni e usato già per la cura dell'ebola. Questa molecola aveva mostrato risultati promettenti sulle cavie per il trattamento dell'infezione da Sars-CoV-2 ed è stato esaminato in vari studi clinici.

È ufficiale: chi si ammala poi ha l'immunità

Tutte le persone che guariscono dal Coronavirus sviluppano gli anticorpi: la buona notizia emerge da una ricerca cinese della Chongqing Medical University,pubblicata su Nature Medicine, una delle più accreditate riviste mediche di ‘peer review’ al mondo. Lo studio, riportato sui social anche dal virologo Roberto Burioni, ha verificato che a 19 giorni dai sintomi il 100 per cento dei 285 pazientiesaminati avevano sviluppato le IgG contro Sars-CoV-2. Con livelli diversi, ai quali peraltro non corrispondevano particolari caratteristiche cliniche dei malati. La produzione di IgG, in un sistema immunitario normale, è sufficiente a prevenire una nuova infezione e ha quindi effetti protettivi più lunghi nel tempo. Ciò significa inoltre che il test sierologico può essere utile per individuare i pazienti sospetti, risultati negativi al tampone, e identificare quelli asintomatici. “Non possiamo sapere quanto dura questa risposta (degli anticorpi, n.d.r.), ma i precedenti con virus simili suggeriscono che dovrebbe durare almeno 12-24 mesi”, spiega lo specialista Guido Silvestri, che è a capo del laboratorio avanzato della Emory University di Atlanta.

 
 


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