MILANO - Una vita immersa nello Sport, un’infanzia turbata dal rapporto con la madre, una professione iniziata seguendo le tracce di Beppe Viola. Paola Ferrari racconta il proprio percorso umano e professionale sulle colonne del Corsera e svela numerosi episodi della propria esistenza.
Ferrari: “Mia madre cercò di uccidermi”
“Sotto casa mia c’era un bar frequentato da Beppe Viola - racconta Paola Ferrari - ero incuriosita dal suo lavoro e dicevo a tutti: lo voglio fare anche io. Iniziai a vedere le partite che si giocavano all’Arena, fino a sette anni ho avuto un’infanzia bellissima, poi è iniziato l’inferno. Mia madre ebbe un forte esaurimento e cercò di ammazzarmi almeno tre volte. Mio padre aveva una relazione extraconiugale, io andai a vivere da mia zia: per mantenermi fui costretta a interrompere gli studi”.
Ferrari, la carriera professionale
"Ho avuto modo di iniziare a Telenova, e poi Telelombardia - continua ancora Paola Ferrari - nel 1990 entrai in Rai grazie a Tito Stagno. Sono una donna Rai, e sono orgogliosa di esserlo. Mi dispiace quando dicono che devono svecchiare, e poi mettono un uomo della mia età. Il matrimonio non mi ha cambiata, sono la Signora De Benedetti ma ho timbrato per trent’anni il cartellino, e utilizzo sempre il mio nome. Con mio suocero la pensiamo diversamente su tante cose, ha perso l’occasione per avere un confronto costruttivo. Provai a farlo riconciliare con Silvio Berlusconi, ma evitò in ogni modo di farlo. Il mio giocatore preferito? Roberto Baggio. Come allenatore stimo Arrigo Sacchi, mentre Liedholm era un gentiluomo: quando facevo la bordocampista mi offriva il té caldo a San Siro nelle fredde domeniche milanesi”.