Bianchini: "Cuore a Roma. Al Banco dissi sì per amore"

Domani, alle 17.30, prima di Luiss-Cantù di A2, tutto il Palazzetto omaggerà un coach che è leggenda
Bianchini: "Cuore a Roma. Al Banco dissi sì per amore"
Fabrizio Fabbri
4 min

Tanti buoni motivi domani per interrompere lo shopping natalizio e dirigersi al Palazzetto dove alle 17.30 si sfideranno la Luiss Roma e l'Acqua San Benedetto Cantù. Partita certamente interessante, ma non una di quelle gare che segnerà il destino della A2. Però, prima della palla a due, sotto le telecamere di mamma Rai (RaiSportHD canale 58 e su RaiPlay) la Lega Nazionale Pallacanestro, a nome di tutto il basket italiano, omaggerà Valerio Bianchini, in un pomeriggio che diventerà il Bianchini-day.

Bianchini, 80 anni compiuti e questa celebrazione. Cosa prova?
«La sensazione che il tempo passa ed è inarrestabile. Una celebrazione per me? Grazie. Però mi sembra un po’ troppo, anche se nelle due città che si sfidano qualcosa di importante credo di averlo fatto».

Che cosa, per la precisione?
«Scudetto, Coppa delle Coppe nel 1981 e poi Coppa dei Campioni nel 1982 a Cantù. A Roma scudetto nel 1983 e poi Coppa dei Campioni e Coppa Intercontinentale nel 1984. Ci sta che domani le due città si uniscano nell’abbraccio che mi porteranno».

Qual è stato il segreto dei successi prima in Brianza e poi nella capitale?
«A Cantù uno dei grand artefici di quelle stagioni d’oro era un romano purosangue: Raffele "Lello" Morbelli. Era di Montesacro, dove aveva giocato a basket, nella ex Gil, assieme a Aldo Giordani. Però una volta trasferitosi al nord diventò più brianzolo dei brianzoli. Era una persona, un general manager, anni luce avanti. Il collante tra la proprietà, Allievi e la squadra dove l’unico rappresentante chiamato a sedersi al tavolo dove venivano prese decisione era Pierluigi Marzorati. Anni incredibili».

Con Roma poi pronta ad adottarla.
«Io in questa meravigliosa città ero già stato, allenando alla Stella Azzurra dove riconquistammo spazio al PalaEur e sfidammo le grandi potenze del nord. Arrivammo quarti e in quegli anni conobbi mia moglie Marina, romana dè Roma. Poi ci tornammo insieme da Cantù. Il motivo? Marina non riuscì a portare a termine la prima gravidanza. Era lontana dalla Capitale, dai suoi affetti. Quando il Banco Roma mi chiamò pur di fronte a un contratto meno alto di quello di Cantù decisi di assecondare la sua voglia di tornare verso le origini. Trovai comunque una società ambiziosa, che aveva un grande patrimonio. Tanti giocatori erano figli della città: Gilardi, il leader carismatico Polesello, un pivot italiano di grande qualità, Castellano, un personaggio unico dal tiro mortifero. E poi giovani come Sbarra, Grimaldi e gli altri. C’era un legame indissolubile con i quartieri. Quindi arrivò Wright. E cambiò la storia e la geografia del basket italiano».

Oggi nella capitale la punta di diamante è la Luiss. La sua Virtus non c’è più.
«Provo una profonda tristezza per come si è disperso il patrimonio di passione che c’era all’ombra del Colosseo ma anche in tutta la regione. Sembrano preistoria i nostri successi, non è così. Oggi non c’è più la A e in A2 la Luiss sta portando avanti un progetto talmente nuovo da sembrare fantascienza».

Basket di vertice giocato da universitari. Più che fantascienza è un bel sogno?
«Mi auguro non sia solo un’illusione. Nel senso che la Luiss va sostenuta e dovrebbe trovare altre realtà universitarie in grado di affiancarla in questo progetto che è figlio delle tradizioni sportive americane. L’Italia però è pronta per questo? Vedo attorno alla Luiss entusiasmo ma anche diffidenza. Secondo me stanno giocando, da esordienti, un ottimo campionato. Il vero salto verso il futuro sarebbe quello di strutturare alle spalle del professionismo un vero campionato universitario che non costringa, e non parlo della Luiss ovviamente, ottimi giocatori a scegliere: o lo studio o lo sport. Sarebbe una rivoluzione culturale. Praticare basket o football negli Usa diventa un titolo che fa credito nei curriculum quando si entra nel mondo del lavoro. Essere stati protagonisti all’interno di uno sport di squadra è una cosa che le aziende d’oltreoceano ricercano e tengono in considerazione. Vincere in campo e nella vita. Allora brava Luiss. Ma avrà un futuro lungo?».


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