Antonini: “Trapani, ti porto in A e prendo Teodosic”

“Vorrei che la Stella Azzurra di Roma diventasse il nostro serbatoio”
Fabrizio Fabbri
5 min

È piombato nel mondo dello sport come un uragano. Valerio Antonini, romano e tifosissimo della Lazio, è un imprenditore impegnato nel settore del commercio globale di materie prime agricole. Ha collaborato con il gruppo Casillo, poi nel 2020 ha fondato Quanton Commodites Ldt, trading house inglese specializzata nel commercio internazionale di cereali. Ha deciso di puntare forte sul sud, sulla Sicilia, su Trapani, di cui è ora presidente della squadra di basket, che sta dominando la A2 (21 successi su 22, di cui 17 di fila), e di quella di calcio, prima nel proprio girone di serie D con 7 punti di vantaggio sulla seconda.

Antonini, vista la grande quantità di denaro investita la domanda sorge spontanea. Chi glielo ha fatto fare?
«Chi lo ha detto che gestendo oculatamente dei club non si possa programmare una crescita, economica e di risultati, a medio e lungo termine? Bisogna porre delle basi e programmare. Nel calcio Atalanta, Udinese e Sassuolo fanno business e anche molto bene».

Non crede che questo schema nel basket sia più complesso?
«La realtà dove si trova la mia Trapani è una serie A2 che è fuori dal basket moderno. Per questo voglio vincere il campionato e salire in A. Fortunatamente al comando del Fip c’è un uomo di sport con grandissima esperienza come Petrucci. C’è bisogno, in tempi brevi, di grandi cambiamenti. Fuori dalle nostre frontiere questo sport vuol dire Eurolega o Nba. Due tornei che sono eventi mediatici continentali o planetari».

Per coronare il sogno della promozione vuole portare a Trapani, già imbottito di ottimi giocatori, anche Tambone. Non è esagerato?
«L’obiettivo finale è chiaro e non possiamo lasciare nulla di intentato. Tambone è un nome tra molti. Abbiamo Rodriguez fermo da due mesi e la squadra sta tirando il collo. Prenderemo un play quindi e anche un altro americano, che sarà di scorta se nella fase decisiva dovessimo avere problemi di infortuni».

La città come risponde?
«In maniera eccezionale. Ho vinto la gara indetta dal Comune, la scorsa estate, per rinnovare il Palazzo dello Sport che ora è un gioiellino. Stiamo per iniziare la fase ad orologio ed abbiamo venduto 2.700 abbonamenti. C’è una passione tangibile in una piazza dove il basket ha una grande tradizione. Voglio regalare loro la serie A e già pensiamo alla prossima stagione».

Non le sembra prematuro?
«No, perché non vorremmo trovarci impreparati. Abbiamo già l’accordo con due giocatori molto forti. Ed è in piedi una trattativa con un serbo che sta giocando in patria ed è stato in Italia".

È Teodosic?
«Lo ha detto lei, fiuto da giornalista».

Per inseguire grandi campioni non investirà sul settore giovanile?
«Sbagliato. Credo serva un giusto equilibrio tra esperienza e linea verde. Sto parlando con la Stella Azzurra per fare in modo che il loro progetto sui giovani, che è all’avanguardia, possa diventare il nostro serbatoio».

Ha visto in televisione “Scugnizzi per sempre”? La storia di Caserta e dello scudetto più a sud vinto in Italia.
«L’ho visto e mi sono esaltato e commosso. Una storia bellissima, spero replicabile. Io in tre anni vorrei arrivare a conquistare il tricolore, non lo nascondo. Perché lo sport per me è lontano da De Coubertin. Direi che la storica frase è stata tradotta male: non è importante partecipare, ma vincere».

A proposito di vincenti. Un suo grande amico è stato Maradona.
«Conoscerlo è stato fondamentale per la mia vita. Porto dentro di me il ricordo della nostra amicizia e la stima che aveva nei miei confronti. Non è un caso che abbia chiamato mio figlio come lui: Diego Armando. Prima di mettermi in proprio ho lavorato per il Gruppo Casillo e gli dissi di diventare con me il mediatore per il grano in Sudamerica. Sono uno dei più grandi venditori grazie a lui. Mi ha consentito, con la sua presenza, di sedermi accanto a presidenti come Castro, Chavez e Maduro, Ortega, Correa».

Torniamo al nostro basket. Cosa si può fare per migliorarlo?
«Beh, pensiamo ai diritti televisivi. Ci danno le briciole, in un bilancio di un club non incidono assolutamente. Io posso pensare anche di presentarmi all’asta della prossima stagione e cercare una strada per dare valore alle immagini delle partite di questo sport. Cosi potremo attirare anche sponsor pronti ad investire».

Trapani la ama?
«C’è una passione straordinaria. Lo scudetto del Napoli nel calcio dimostra che tutto è possibile. Il nome di questa splendida città ora, grazie ai miei due club, non è legato più ai fatti di cronaca ma al messaggio positivo che portiamo. Un messaggio pulito e di riscossa. E anche di vittoria».


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