Stipendi, l'accordo fra giocatori e club è ancora lontano

I nodi da sciogliere sono tanti: emolumenti arretrati, no al congelamento di 4 mensilità, il rischio messa in mora
Stipendi, l'accordo fra giocatori e club è ancora lontano
Andrea Ramazzotti
5 min

Il contatto c'è stato, ma non ha avuto l'esito sperato. La Lega e l'Aic ieri si sono scoperte lontane sul tema degli stipendi. Non tanto sui tagli, perché ormai è chiaro che ci dovranno essere trattative "private" tra ogni club e il relativo spogliatoio (in alcuni casi potrebbe non bastare neppure questo: c'è il rischio del... caso per caso), quanto sul congelamento degli stipendi da marzo a giugno, ovvero quelli maturati o che matureranno dopo lo scoppio del Coronavirus in Italia. Mentre le società aspettano il 2 maggio per capire come si comporteranno i broadcast con il pagamento dell'ultima rata dei diritti tv, il presidente Dal Pino e l'ad De Siervo stanno provando a impedire uno... scontro a fuoco tra i proprietari e i calciatori riguardo agli ultimi 4 stipendi di questo 2019-20. La questione per il momento è molto tecnica, ma diventerà estremamente pratica (o addirittura potenzialmente "cruenta") tra qualche settimane. Meglio dunque trovare un'intesa in tempi brevi. Ecco perché entro venerdì sarà affrontata di nuovo, nella speranza di arrivare a una fumata bianca.

Tutti i nodi da sciogliere sul taglio degli stipendi in serie A

Ieri c'è stato un consiglio informale della Lega nel quale il tema stipendi è stato all'ordine del giorno. Il problema è semplice: le società si aspettano che i calciatori "congelino" fino a che la situazione emergenziale non sarà terminata i loro emolumenti. Tradotto, che firmino una carta nella quale si impegnano a non avanzare la pretesa di riscuotere quanto dovuto entro i termini fissati dalla Federazione. Questi termini, se non rispettati, possono portare i giocatori a chiedere la messa in mora della squadra e dunque lo svincolo, ma possono produrre anche penalizzazioni di punti in classifica sia nella stagione in corso sia in quella successiva oltre (in ultima ipotesi) alla mancata iscrizione al campionato o alla non concessione della licenza Uefa. Come potete immaginare per società senza introiti dai botteghini e con tanti contratti di sponsorizzazione che non sono stati onorati fino in fondo dalle aziende, trovare tutti i soldi per pagare i tesserati e non aver problemi è assai complicato. Ecco perché chiedono una deroga. La risposta dell'Aic? Il sindacato fa notare che non tutti i club hanno corrisposto neppure il salario di febbraio (qualcuno deve tirare ancora fuori i soldi di gennaio...) e che prima di parlare dei mesi da marzo ad giugno, bisogna regolarizzare il pregresso. Fermo restando che un congelamento di tutte e quattro le mensilità è ritenuto eccessivo. Al massimo, viene proposto, si può spostare il termine ultimo del pagamento di una sola (marzo) dal 30 maggio al 30 giugno. Qual è il rischio? I dirigenti non vogliono sedersi a un tavolo per discutere la decurtazione degli ingaggi sapendo che i loro tesserati, dopo pochi giorni, potrebbero chiedere la messa in mora e ottenere lo svincolo: nella trattativa per il taglio le società partirebbero da una posizione di svantaggio. I calciatori, dal canto loro, non intendono mettere i presidenti in una situazione troppo comoda perché hanno paura che qualcuno, abituato a pagare in ritardo, colga al volo l'occasione e, ottenuta l'iscrizione dal campionato 2020-21 senza le liberatorie dei tesserati, si "dimentichi" di corrispondere quanto dovuto. 

Leggi l'articolo completo sull'edizion del Corriere dello Sport-Stadio oggi in edicola


© RIPRODUZIONE RISERVATA