Juventus 1976/77-Juventus 1994/95 2-1: Bonimba e Bobbygol, Trapattoni batte Lippi

Vialli ha sbloccato la partita, Boninsegna e Bettega in 19’ hanno ribaltato la situazione nella ripresa. Poi Furino, Benetti e Tardelli hanno alzato un muro
Juventus 1976/77-Juventus 1994/95 2-1: Bonimba e Bobbygol, Trapattoni batte Lippi
Alberto Polverosi
5 min

Più che una squadra, una potenza armata. Di muscoli, di caviglie d’acciaio, di polmoni grossi così e di un cuore ancora più grande. Senza un vero 10, senza un vero regista, senza una tecnica sopraffina se escludiamo Gaetano Scirea e Franco Causio, la Juventus del giovane Trapattoni ha battuto la Juventus di Lippi. Due a uno, perché con quelle difese era impossibile segnare di più anche per attacchi tanto forti. Reti di Boninsegna e Bettega da una parte, gol di Vialli dall’altra. E’ andata in vantaggio la Juve lippiana con l’ex doriano messo davanti a Zoff da un assist di Del Piero, poi scomparso nelle pieghe della gara e sostituito a inizio ripresa da Roberto Baggio, anche lui poco in vena. La Juve del biondino Trap ha rimontato nella ripresa. Primo gol: l’angolo di Causio è stato girato di testa da Bettega dal secondo al primo palo, dove era appostato Boninsegna, tocco di interno e pareggio. Secondo gol: cannonata dal limite di Bonimba, marcato male da Kohler, respinta di Peruzzi e altro tocco vincente di Bettega. Immaginiamo la stizza di Fraizzoli che l’estate scorso ha ceduto Boninsegna alla Juventus in cambio di Pietruzzo Anastasi: Boninsegna in questa stagione ha segnato 10 gol, non tantissimi, ma Anastasi si è fermato a 4.

FORZA E ORDINE - E’ stata una partita dove le differenze tecniche, fisiche, atletiche e tattiche sono affiorate nitidamente. La Juve del 76-77 è l’ultima formazione italiana ad aver disputato una finale di Coppa europea, la Coppa Uefa, con soli giocatori italiani, è una squadra-esercito, di una forza fisica spaventosa. Giocatori talentuosi come Paulo Sousa, Vialli, Del Piero e poi Baggio si sono scontrati, perdendo, con la vigoria di un centrocampo fisicamente mostruoso formato da tre mediani combattenti come Furino, Benetti e il giovane Tardelli, il più dotato del trio sul piano tecnico. E’ stato impossibile, per la Juve 94-95, reggere il ritmo imposto dai tre indemoniati. Lo scambio col Milan fra Benetti e Capello ha prodotto lo stesso risultato di quello fra Boninsegna e Anastasi, ha reso la Juve ancora più potente sul piano atletico. In quella squadra non c’erano più le geometrie di un regista come Capello, ma lo strapotere fisico di Benetti è stato determinante. Ogni volta che uno sventurato del 94-95 è andato a scontrarsi con l’ex milanista c’è rimbalzato sopra.

IL MARCHIO DI BONIPERTI - Su questa Juve c’è il marchio vincente di Giampiero Boniperti. Siamo pronti a scommettere che anche nei prossimi decenni, pur con gli inevitabili cambiamenti di generazioni, queste maglie si porteranno dietro l’anima di Boniperti, lo stile di Boniperti, la cultura di Boniperti per il quale niente conta più della vittoria. Per quanto si è visto in campo e durante tutta la stagione, Trapattoni è stato il suo apostolo. Ha trasmesso alla squadra il Vangelo del capo e la squadra ha risposto subito sul campo.

L’ALTRA JUVE - Anche la formazione di Marcello Lippi ha proseguito nel solco bonipertiano, seppur evolvendosi nella tecnica e nella tattica. In questa sfida ha giocato di più, forse ha perfino giocato meglio, ma il modo in cui ha cercato di ottenere il risultato ha ricordato quella del Trap. Aveva quasi la stessa rabbia. Quasi lo stesso ardore. Quasi lo stesso accanimento. Ma solo quasi... La Juve 76-77 è rimasta molto bloccata, con terzini poco propensi ad attaccare, anche perché il giovanissimo Cabrini, il vero terzino di spinta, per ora è un ragazzino e ha lasciato spazio a Cuccurreddu a destra e Gentile a sinistra. Se è stato impossibile per il centrocampo lippiano fare la voce grossa di fronte al trio tutto muscoli del centrocampo di Trapattoni, lo stesso va detto per il tridente Ravanelli-Vialli-Del Piero davanti a marcatori spietati come Gentile e Francesco Morini, difensori dai modi spicci. E dietro di loro (e spesso davanti a loro) un giocatore che nel suo ruolo sarà irraggiungibile chissà per quanto tempo: Gaetano Scirea. Al suo cospetto, i centrali del 94-95, Carrera e Kohler, potevano solo inchinarsi.

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