Zola esclusivo: "Si rinasce con il calcio"

L'ex assistente di Sarri al Chelsea ha dichiarato: "Rivedere le squadre in campo può aiutare a ritrovarci dandoci allegria"
Gianfranco Zola 
 - Al West Ham dall'11 settembre 2008 all'11 maggio 2020, al Watford dall'8 luglio 2012 al 16 dicembre 2013, all'Al-Arabi dall'11 luglio 2015 al 27 giugno 2016, al Birmingham dal 14 dicembre 2016 al 17 aprile 2017© Getty Images
Antonio Giordano
4 min

Il tempo s’è fermato e in quello sguardo da fanciullo, un’ode alla bontà, sembra di restare sospesi e leggeri nella dolcezza d’un dribbling, nell'incanto d’una veronica, nella poesia d’un tunnel: Gianfranco Zola è l’amico (geniale) della porta accanto, una cascata di sincerità che rinfresca, la rappresentazione vivente della Bellezza mescolata alla purezza, da assorbire per star meglio con se stessi. Zola è la melodia d’un calcio narrato senza strillare, le movenze eleganti che appartengono alla sua natura, trasparente ed esemplare, la luce che guida per uscire da questo cono d’ombra dal quale bisognerà pur evadere per riappropriarsi della vita. «Il calcio può aiutare a ritrovarci, perché dispensa allegria».

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Nel magic box, il virus cos’ha lasciato?

«Un senso di profonda preoccupazione per gli effetti - che si presumono devastanti - capaci di incidere sul sistema economico del Paese e più in generale del Mondo. Il rischio di un collasso. L’incertezza, perché non sappiamo cosa succederà, come diventeremo, e la paura, in questo caso sì, delle difficoltà a cui la gente sarà costretta».

Sarà difficile rialzarsi.

«Si resterà sconvolti negli equilibri, con ripercussioni che già adesso si possono percepire. Ricominciare non può essere semplice e chiunque, da chi dirige il Paese alla gente comune, dovrà dare il proprio contributo».

È un impegno a cui dovrà assolvere anche lo sport.

«Per quel che può, essendo minato nel corpo e nelle finanze. E come terapia iniziale, ben venga il ritorno del calcio, che può fungere da terapia, perché fa bene all’umore. A modo suo, sistemare un partita al centro delle giornate, ha un valore non solo simbolico di rinascita: sarebbe un segnale di avvicinamento alla normalità».

Zola è andato in astinenza?

«M’è mancato ma abbiamo anche avuto altro a cui pensare. Però ora qualcosa si muove e io non so bene se vedremo la fine del campionato in corso o l’inizio di quello che dovrebbe cominciare a settembre. Personalmente, mi auguro che si riesca a chiudere la stagione, perché sarebbe ingiusto non farlo».

Servono strategie e una politica perché si possa riaprire il 13 giugno ma senza tutti queste condizioni...

«Ci vogliono piani alternativi nella eventualità di casi di contagio o persino nella ipotesi di ricadute. Ho provato a pensare cosa farei io se dovessi avere il potere decisionale, e mi è venuto mal di testa. Però quando si presenta una situazione eccezionale, come quella che stiamo vivendo, bisogna regolarsi con strumenti e risposte egualmente eccezionali ed immediate che soprattutto il calcio - una delle industrie più importanti dell’Italia - può fornire. Il football può offrire distrazione e accendere il fuoco d’una passione che in questi ultimi tre mesi di tragedie e paure si è sopita».

Permetta: il dio del calcio è stato ingiusto, avendo lasciato a Zola un solo scudetto.

«Però la sua tesi rappresenta un falso storico, perché quel titolo conquistato a Napoli ne vale almeno dieci vinti altrove. E quel trionfo ha avuto un significato straordinario, a modo suo storico, se chiaramente combinato con il primo».

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