Medici e virologi convinti: "Sì, è ora di tornare a giocare"

Il professor Tinelli: "Se il calcio riparte ci saranno pochissimi contagiati". Pregliasco: "A giugno si può riprendere il campionato con le giuste accortezze"
Medici e virologi convinti: "Sì, è ora di tornare a giocare"
Furio Zara
5 min

Sono i medici ad innescare lo scatto in avanti del calcio italiano. E questa può essere la svolta buona. Medici sportivi, virologi, specialisti di batteri e muscoli, esperti di malattie infettive e stavolta anche consulenti di patologie dell’anima; escono dalla trincea in cui è in ostaggio il sistema-calcio italiano, se lo portano sottobraccio, lo garantiscono e lo rassicurano: giocare si può. Oltre i miasmi della palude in cui da settimane ristagnano le (in)decisioni, schivando il fuoco amico e riconsegnando ai cavilli burocratici la loro grama essenza di cavilli, tra i rimpalli governativi e il pissi-pissi di presidenti mossi da interessi personali; sono i medici ad alzare il respiro - letteralmente - della discussione sulla ripresa o meno del campionato. Giocare si può, dicono, poggiando le loro tesi su competenze d’eccellenza, indicando un orizzonte, come fa il professor Francesco Vaia, direttore sanitario dello Spallanzani di Roma e tra gli esperti che affiancano la commissione medico-scientifica della Figc. «La data del 13 giugno per la ripresa del calcio e di tutto il mondo dello sport mi sembra plausibile. Abbiamo un mese di tempo, quindi altri due quindicine, cioè due periodi di possibili incubazioni e manifestazioni di sintomi del Covid 19, per trovare le soluzioni migliori. L’apertura dello sport è il segnale di un Paese che riparte, ma va fatto in sicurezza. Il virus lo sconfiggeremo definitivamente con le terapie appropriate e con il vaccino». Si tratta, ora, di gestire un’emergenza. Senza titubanze, con una fermezza che rimanda alla speranza di ritrovare una parvenza di normalità.

Fabrizio Pregliasco, virologo dell’università degli studi di Milano: «Adottando la massima precauzione il calcio può ripartire a metà giugno, perché oggi esistono strumenti di controllo e monitoraggio a risposta rapida che all’inizio della pandemia non esistevano. I test sierologici e i tamponi a risposta rapida applicati ad ogni partita su soggetti già controllati possono consentire una ripartenza in quasi sicurezza… la certezza non si avrà mai».

E’ una spinta in avanti, è la certificazione che mancava. Il professor Enrico Castellacci, presidente dell'Associazione Medici del Calcio, parlando a “Radio Anch'io lo sport” su RadioRai ha offerto al nostro calcio la password per la ripresa. «Si potrà giocare, cercando di rischiare il meno possibile. Bisogna che finalmente vengano proposte quelle famose linee-guida che possono essere applicate, altrimenti sono solo carta straccia. Finora sono stati fatti protocolli non applicabili». Castellacci - lamentando che «i medici non sono mai stati invitati alle trattative per le linee guida» - chiama in causa anche i calciatori. «Non si possono costringere ad un’ulteriore quarantena, bisognerà piuttosto responsabilizzarli, cercando di essere un poco più flessibili ed entrando nella logica tedesca». C’è una verità che ci arriva da lontano. Questa: il destino mescola le carte e noi giochiamo. L’ha detto Schopenhauer, filosofo non terzino, giusto per restare in tema Bundesliga.

Massimo Andreoni, docente di malattie infettive all’università Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive (Simit), ribadisce la sua posizione: «In Germania, se si individuano positivi sono previsti tamponi per tutti e isolamento di quattordici giorni solo per i positivi. È solo un problema di test, occorre pianificare una batteria periodica di tamponi a cui sottoporre i giocatori». Andreoni sposta poi il dibattito sul tessuto sociale. «Se c’è un operaio positivo in fabbrica che cosa accade? Si richiude la fabbrica per quattordici giorni? No. Il protocollo non deve portare a una fase 2 a singhiozzo».

Marco Tinelli, consulente per le malattie infettive dell’Irccs (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico) Auxologico di Milano, guarda avanti, anche perché sarà utile verificare quale protocollo sarà più efficace nel prossimo campionato, «quando potrebbe esserci un nuovo picco e il vaccino non ci sarà ancora. Oggi sono un ottimista: vedrete che se riparte il calcio ci saranno pochissimi contagiati. Saranno eventi sporadici».

Infine, Maria Rita Gismondo, virologa dell’Università degli Studi di Milano e direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica dell’ospedale Sacco di Milano, riaccende con le sue parole il motore ingolfato del calcio italiano: «Non capisco perché esistono tanti timori per riaprire al calcio e non si hanno le stesse preoccupazioni nell’autorizzare uno spettacolo concertistico all’aperto. Le regole per la sicurezza, distanziamento e mascherine obbligatorie valgono per uno stadio come per gli spettatori dell’opera. Non so chi sia poi più distanziato, se dodici orchestrali dell’Opera o undici giocatori in campo». Giocare si può, dunque. La vita non è un gioco, ma qui c’è in gioco la vita del calcio italiano.


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