Il merito vince sui furbi

Il merito vince sui furbi© Bartoletti
Alessandro Barbano
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Il merito da sempre smaschera i furbi. Così è stato ieri per il calcio. Che, deliberando in nome del merito sportivo, ha disarmato chi puntava a fermare il campionato per cristallizzare la classifica e trarne un vantaggio. Nessuno potrà approfittarne, perché, se la serie A non potesse concludersi, si giocheranno i playoff e i playout, per definire scudetto, promozioni, retrocessioni e qualificazioni nelle Coppe Europee, con il rischio di mettere in discussione ogni rendita di posizione. E se non fosse possibile neanche disputare un finale a eliminazione, il merito sportivo definirebbe allo stesso modo una classifica finale anche tra squadre che avessero giocato un numero di partite diverse. La media punti risolverebbe questa disparità.

Legiferando sulla base dei poteri conferiti dal Decreto Rilancio, la Figc ha autonomamente cambiato i format in corsa, tacitando chi sperava di fissare la classifica parziale per blindare una qualificazione o piuttosto una salvezza, ma anche chi puntava ad azzerare il percorso fin qui compiuto per scampare alla retrocessione, allargando il numero di squadre della serie A l’anno prossimo, e perfino chi pensava di sfruttare con i ricorsi la mancanza di regole preventive. Da ieri la conclusione del campionato conviene a tutti, perché meno rischiosa del terno al lotto dei playoff e dei playout. Non a caso Lotito e Marotta hanno votato allo stesso modo in consiglio federale.

Se le divisioni, palesi e occulte, dei club hanno fin qui soffiato contro la ripresa delle gare, questa convergenza potrebbe essere preziosa nella fase nuova che si apre. Superate le preoccupazioni sanitarie, smontati i pregiudizi ideologici, smorzati gli opportunismi politici, tutte le forze diverse che hanno fin qui cospirato dall’esterno contro la riapertura del calcio sono state fiaccate. Restava la resistenza, interna al sistema, degli interessi occulti di alcuni club, che hanno tentato fino alla fine di fermare il giocattolo, o comunque hanno puntato su due tavoli. Al mattino per riaprire, alla sera per chiudere. La delibera della Figc toglie le ultime frecce alla loro furbizia. Nel nome del merito. Ma non solo. Lo scatto verso il risveglio del calcio è figlio dell’autonomia riconosciuta a quei corpi intermedi, come le istituzioni sportive, che fanno la ricchezza di una democrazia.

Questa preziosa delega è merce rara in una stagione in cui lo statalismo sembra essere il tratto della risposta politica alla crisi sanitaria ed economica, indotta dalla pandemia. Dai permessi di movimento, prima negati e poi concessi ai cittadini, fino agli aiuti alle imprese, tutto è stato mediato dallo Stato, con l’effetto di fare della ripartenza del Paese una sfida tra libertà e burocrazia. Che sia il calcio, stavolta, a beneficiare di qualche briciola di fiducia non può che rallegrarci.


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