Monchi e quel regalo di Maradona: “Ecco cosa mi portò a casa”

I due hanno giocato insieme a Siviglia nel 1992/93. L’ex ds della Roma: “Quando Diego scoprì che indossavo un orologio falso, mi diede subito un Cartier”
Monchi e quel regalo di Maradona: “Ecco cosa mi portò a casa”
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Monchi e Maradona hanno condiviso a Siviglia la stagione 1992/93. Il Pibe de Oro rientrava dopo la squalifica di un anno e mezzo per doping e nella squadra andalusa ritrovò come allenatore Carlos Bilardo, il condottiero del Mondiale 1986. L’ex ds della Roma ha parlato benissimo di Diego, ricordandone alcune curiosità: “Poter stare nello stesso spogliatoio di Maradona è stato un sogno - ha detto al programma ‘Informe Robinson’ -. Ha reso tutto facile sin dal primo giorno. Da noi non è mai stato al 100%, ma ha mostrato un calcio che ha incantato tutti. Una volta, durante una passeggiata a Barcellona, indossai un orologio falso e quando Diego scoprì che si trattava di un’imitazione mi invitò a casa sua per darmi un Cartier. ‘Ecco, adesso hai un bell’orologio - mi disse -. Non devi indossarne uno falso’”.

Maradona: “La 10 è sempre stata mia”

Maradona su Instagram ha anche ricordato l’anniversario dei 35 anni della partita contro il Venezuela, valida per le qualificazioni al Mondiale ’86. “È stata la mia prima partita ufficiale, dopo il Mundial 82. In quei quasi tre anni di assenza, ho avuto l’epatite, una frattura alla caviglia e i problemi che avevamo noi “stranieri” per giocare in Nazionale. Prima che fossero introdotte le date Fifa, erano i club ad avere i passaporti dei calciatori e le federazioni non erano obbligate a rinunciarci. Era un altro calcio. Un altro mondo. Quando sono arrivato in Venezuela, una persona mi colpì il ginocchio con un calcio entrando nell’hotel. Oggi non potrebbe succedere. Per questo dico ai giornalisti, che oggi fanno mille confronti, mille statistiche, a chi pensa di aver scoperto il calcio, che non si può paragonare. Non era come adesso. Era tutto diverso. I campi, il pallone, i soldi, l’arbitraggio, la formazione, l’allenamento, la medicina, il giornalismo, i mezzi di comunicazione,  trasporti, gli alberghi, il resto. Il fair play non esisteva, ti prendevano a calci in culo. E se non avevi la Coppa del mondo, non c’era il paradiso. Ecco perché Bilardo, durante i primi anni, mise insieme una Nazionale con i calciatori che giocavano in Argentina. Non c’erano gli “europei”. Anche Passarella, Burruchaga e Valdano furono esclusi. Neanche a loro fu permesso di andare a giocare in Nazionale. Nonostante tutto questo, voglio dirti che non ho mai lasciato la Nazionale. Non mi sono mai tolto la maglietta dalla squadra. Non mentire alle persone. Non lasciate che la quarantena vi colpisca, ragazzi. Perché, anche quando non ci sono stato, la 10 è sempre stata mia”.


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