I fratelli Cialtron

I fratelli Cialtron
Ivan Zazzaroni
4 min

La nuova sfida del calcio italiano è la riconquista del pubblico, pur se con gli stessi interpreti di prima in campo e fuori, con più debiti e meno risorse, con il timore che il virus possa ingagliardire da un momento all’altro, con gli stadi vuoti, l’overdose televisiva e le aziende in difficoltà. È stato capace di tenere in vita la speranza mettendo all’angolo finti mecenati e autentici cialtroni pronti a sfruttare la pandemia per operare pesantissimi tagli, ma adesso deve tornare al gioco, al bello, alla passione.

L’impresa è titanica. Anche perché il calcio può investire solo su se stesso, pretendendo uno sforzo senza precedenti da Dybala e Ronaldo (sperando che torni ad allenarsi con il gruppo), Immobile e Milinkovic-Savic, Lautaro e Lukaku, Gomez e Ilicic, Dzeko e Zaniolo: campioni e talenti hanno il compito di sostituirsi a Gravina e Dal Pino, Spadafora e Malagò, Cts e Covid, e Cig, Borrelli e Brusaferro, Marotta e Cairo, Cellino e Romei, Giulini e De Laurentiis, Lotito e Percassi, i protagonisti di tre mesi orribili. Per cancellare la pesantezza primaverile è infatti necessaria la leggerezza estiva del gioco: meno politica, meno interessi individuali, meno gufi e più azioni, gol, punti, vittorie e sconfitte.

Tanti appassionati sono ancora scettici: il calcio freddo non li convince, temono di ritrovare un surrogato dello sport che faceva battere il cuore, e non è escluso che almeno all’inizio sia così. La new normality è dura da accettare, anche se ci si arriva dopo mesi di restrizioni e conflitti. Come ha ripetuto Gravina, «abbiamo portato a casa un risultato importante nel panorama nazionale. Ha influito la nostra determinazione, è stata molto utile la mano che ci è stata data dall’Uefa. Abbiamo dimostrato coerenza fin dall’inizio. I rischi sono sempre presenti, dobbiamo governarli e questo dipende dalla responsabilità e anche dalla fortuna. Abbiamo vissuto momenti di complessità, dovendo convivere con il cialtronismo, oltrepassato i filosofi dell’ovvio, gli anfitrioni dell’emergenza e quelli che non bisognava fare nulla. Abbiamo sempre avuto la consapevolezza di dover ripartire, perché per i tifosi il calcio è condivisione e empatia, ma anche bellezza e occupazione. Bisogna fare dei distinguo e mettere da parte alcuni soggetti che sono positivi solo all’apparenza» (i riconoscibilissimi - ormai - fratelli Cialtron).

Le prossime due settimane saranno fondamentali anche per capire se la lega intende realmente cambiare pelle facendo il salto di qualità con riforme che ne migliorino sia le finanze sia la gestione. Mi riferisco alla trasformazione in media company con l’ingresso nel capitale del fondo di investimento CVC, pronto a versare nelle casse dei club oltre 2 miliardi per prendere il 20% della lega stessa. Quella italiana sarebbe la prima in Europa a sviluppare un percorso che le consentirebbe da un lato di ottenere importanti risorse per tutti i progetti strutturali necessari al rilancio del prodotto calcio (OTT, media, stadi) e dall’altro di passare a una gestione più professionale con un management più autonomo e propositivo rispetto all’assemblea delle complessità e dell’ingovernabilità.

Giuro di non avere mai mortificato una domenica e un gioco senza segreti (se non tattici) con l’acquisizione di finti processi alla ripartenza ai quali sono costretto a rispondere con i fatti, rischiando tuttavia un noioso calcese. Il virus ha fatto anche questo, ha contagiato un mondo fondamentalmente semplice in cui “per fare fi gura” s’invitava ogni tanto qualche intellettuale a condire il poco e nulla di belle parole. Idee, mai. Incontentabili, abbiamo ingaggiato specialisti d’altri mondi, mostrandoci liberali, noi, non casta. Oggi paghiamo il conto leggendo intrecci demenziali che hanno corrotto anche le penne più felici, i narratori più prolifi ci e seguiti. Ci vorrebbe un’audace sortita dialettica per mettere a tacere i disturbatori. Ad esempio: e nun ce vonno sta.

PS. L’algoritmo per stabilire la classifica nel caso in cui il campionato si bloccasse definitivamente, no. Limitiamo le perversioni.


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