Conte Dracula*

Conte Dracula*© LAPRESSE
Ivan Zazzaroni
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Domenica sera, dopo la partita, Conte ha chiesto ai giornalisti di essere onesti e leali. E ieri, onestamente e lealmente, Bocci e Vanni gli hanno dimostrato che le recriminazioni sul calendario non erano del tutto giustificate.

Povero Marotta, ho pensato. Ha voluto a tutti i costi Antonio col quale rilanciò la Juve, gli ha dato fior di quattrini per ben tre anni, sul suo altare ha sacrificato Spalletti, Icardi e Nainggolan, e durante il lockdown ha lottato addirittura contro Gravina e Dal Pino - coagulando attorno a sé il ministro dello sport e alcuni presidenti e dirigenti - per non far ripartire il campionato, visto che l’allenatore spingeva da quella parte sapendo di non riuscire a sviluppare in modo continuativo il percorso di crescita della squadra. Per mesi, da perfetto democristiano andreottiano e esperto di comunicazione telecalcistica, oltre che di rapporti con la stampa (conciliante e mai maleducato da quando lo conosco), ha spento i tanti incendi appiccati dal tecnico ingoiando un’intera famiglia di rospi: dopo l’uscita dalla Champions la prima stilettata alla società sul mercato invernale e dopo la sconfitta col Bologna il bis, assai più articolato e diretto: «Questo è il mio primo anno di lavoro con l’Inter, ho dovuto prendere un pacchetto preconfezionato, tante situazioni che c’erano e su cui stiamo lavorando».

A Roma Marotta si è ritrovato di nuovo al centro dei pensieri di Antonio: «Quando hanno stilato questo folle calendario noi non c’eravamo, si vede che all’Inter le anomalie le vedo solo io». Un giorno gli chiesi come procedesse la convivenza-bis col mister e lui mi rispose così: «Quando prendi uno forte come Antonio ti porti in casa tutto il pacchetto». In altre parole, sai che ti darà tanto e che pretenderà di più, ti succhierà il sangue.

Conte sta spingendo forte sull’acceleratore delle pressioni e delle lamentele: tanti anni di Juventus non si dimenticano in fretta. Replicare quel modello, trasferirlo in un altro club è molto complicato e per esercitare lo stesso potere non possono bastare meno di un anno e un uomo

L’aspetto curioso del rapporto tra Conte e Marotta è che - impressione personale - il primo tratta il secondo come se fosse un suo giocatore, un suo “ragazzo”, e non l’amministratore: pretende una devozione, una disponibilità e una condivisione dei programmi esagerate, anche se - lo sottolineo - in funzione del risultato finale. La vittoria sua, della squadra e della società.

Povero Beppe, la prossima stagione sarà la trentanovesima da dirigente. Di recente ha rivelato che spera di andare in pensione con un titolo all’Inter. Ho la sensazione che Conte, probabilmente il tecnico più dotato e forse irrecuperabile di tutti, possa indurlo ad anticipare i tempi.

*Troppo bello e pertinente il titolo col quale giorni fa Il Giornale ha aperto l’edizione, riferito però all’altro Conte, il premier: non ho resistito, l’ho copiato.


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