Ronaldo, il Perfetto di ferro

Ronaldo, il Perfetto di ferro© EPA
Ivan Zazzaroni
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La vera ragione per cui Ronaldo ruppe con il Real fu la disparità di trattamento. Salariale, naturalmente: non sopportava più l’idea di essere pagato meno della metà di quanto il Barcellona riconosceva ogni anno all’argentino, 60 milioni. Per questo, dopo aver più volte verificato che Florentino Perez non aveva intenzione non dico di pareggiare, ma neppure di avvicinarsi allo stipendio di Messi, Jorge Mendes cominciò a sondare il mercato europeo registrando le aperture entusiastiche di Andrea Agnelli.

Ronaldo e Messi distanti, ma sempre dentro un unico centro. Un’infinita sfida di massimi sistemi che per nove stagioni è stata il moltiplicatore delle attenzioni e dei ricavi non solo televisivi della Liga: perso il portoghese nel 2018, il campionato spagnolo ha visto diminuire considerevolmente il proprio appeal.

Ronaldo e Messi erano e restano i numeri primi, involontariamente complici, soci, la teoria degli opposti applicata al calcio e alle discussioni che ne derivano. Entrambi inimitabili, entrambi convinti di essere il più forte del mondo: Ronaldo è talento, rigore e volontà; Messi talento, naturalezza e ancora talento. In un particolare sono identici: nella necessità personale e “aziendale” di confermarsi collezionisti di titoli personali prim’ancora che di squadra, anche se le due cose sono spesso collegate.

Seguace del baggismo, mai lo sconfesserò, e dybaliano della prima ora, preferisco Messi a Ronaldo ritenendolo «il più vicino a Maradona», e non l’ho mai nascosto. Ma provo un’ammirazione sconfinata per Cristiano, per l’insistita ricerca della perfezione in ogni sua manifestazione. Ronaldo ha una cura ossessiva di sé, dell’immagine, che include tutta una serie di tartarughe esibite con soddisfazione e le acconciature studiate al Cern, identificative di un periodo o di un evento chiuso. Lui per primo sa però che la forma senza la sostanza è aria fritta, per questo non tollera interruzioni nel rapporto con la vittoria sportiva. Messi passa al massimo da Messi con la barba rossa a Messi senza barba e non mi sorprenderei se un giorno lo vedessi arrivare al campo in pantaloncini corti, canottiera e infradito. Non a caso Louis Vuitton veste Ronaldo, spesso oltre i confini del kitsch, mentre Messi non riceve nemmeno un like di Zara.

Ronaldo, che ha un impatto visivo di rara potenza e vuole essere sempre seduttivo, è un incendiario: dopo una sconfitta importante sottolinea fisicamente la delusione, dopo un successo inseguito consuma rivincite plateali come quella sui tifosi dell’Atletico. Messi ha una tenuta psicologica spiazzante: l’abbiamo visto vomitare sul campo tutta la tensione di una finale e gioire per un tempo limitato dopo una vittoria.

Tutto questo per dire che, pur continuando a preferire Leo, ho applaudito con entusiasmo i due gol con i quali Ronaldo è arrivato a quota 101 in nazionale. Sono la sublimazione del professionismo e della determinazione. Se Ronaldo facesse a braccio di ferro con la sua forza di volontà, perderebbe sempre lui. Ronaldo e Messi invecchieranno quando lo decideranno loro, non i presidenti, né la stampa. Il denaro come premio, forse. 


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