Da Ibrahimovic a Cristiano Ronaldo, il pallone sa come si fa

Da Ibrahimovic a Cristiano Ronaldo, il pallone sa come si fa© Getty Images
Ivan Zazzaroni
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Gabriele Gravina ha giocato d’anticipo, non ha aspettato che il Governo decretasse il secondo, tragico lockdown. Ieri pomeriggio ha inviato una mail a Giuseppe Conte e, per conoscenza, ai ministri Speranza, Gualtieri e Spadafora, Salute, Economia e Sport (spesso un rivale cinico e compiaciuto). Un testo breve - meno di una pagina - riassumibile in un invito: “Non fermate il calcio!”. Per tutte le ragioni chiarite nei giorni scorsi - il rischio default - e anche per evitare l’esclusione da un’Europa che continua a giocare.

Ma il nostro calcio non sopravvive di sole parole e di soli appelli: ha appena aggiornato il protocollo inserendo i tamponi rapidi, non trascura una sola indicazione del Cts, moltiplica le ispezioni che hanno il compito di verificarne il rispetto, calciatori e staff sono seguiti quotidianamente dai medici sportivi. I club, poi, dimostrano di aver compreso l’eccezionalità del momento e il senso dell’emergenza: non si registrano piagnistei per le assenze da positività, spesso tecnicamente pesantissime (hanno saltato alcuni turni Ronaldo, Ibrahimovic, Donnarumma, Immobile, Zielinski, Skriniar), semmai una significativa e incoraggiante consapevolezza di gruppo.

Venerdì mi sono messaggiato con Rummenigge: volevo sapere da una fonte diretta e interessata in che modo il calcio tedesco si stesse attrezzando per affrontare le restrizioni. Stordente l’ultimo sms di Kalle, di una semplicità e un’efficacia quasi commoventi, considerato l’autore: «Poi che tristezza un weekend senza pallone». Un weekend senza i gol di Ronaldo, senza le acrobazie anche dialettiche di Ibra, senza i 4-3 panterati all’ultimo secondo, senza le doppiette di Barrow e Gervinho, senza le perle di Pedrito e le sorprese di De Zerbi, senza le emozioni del derby di Genova, senza le meravigliose metafore naturali che il pallone è in grado di generare.

Agli italiani - protagonisti e spettatori, imprenditori e clienti, produttori e consumato- rimancano tante cose, a volte con la stessa intensità di spirito che aggredisce i calciofili al sol pensiero di perdere la partita, e allora mi chiedo perché non sia espressa, da tutta questa gente terrorizzata dal lockdown, la stessa passione e determinazione nel difendere i propri diritti; di passione ce n’è tanta fra artisti, pubblici esercenti e esponenti di altre categorie: esistono tuttavia insufficienti proposte protocollari, ovvero non costruite nei dettagli con attenzione a tutto ciò che potrebbe limitare le libidini di chiuder tutto, alla cieca, alla disperazione.

Il calcio per sua natura fa da sè e lo fa da sempre, rifugge le mediazioni politiche e non partecipa agli Stati generali modaioli, inutili passerelle di pavoni impotenti: pretende attenzione, incontri, dibattiti, scelte minimali e decisioni globali con riferimenti a luoghi, ambienti, orari, strumenti di sicurezza. Sono convinto che esistano soluzioni parziali o totali a tutti i problemi, mentre qualcuno sollecita la piazza non sempre in buonafede, anzi, per creare il cosiddetto caos costruttivo, anticamera del default. Cosa fanno nel frattempo i super- manager italiani al tempo del coronavirus? E' possibile che gli eroi del mondo sanitario non abbiano imitatori?


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