La busta paga?

La busta paga?© ANSA
Ivan Zazzaroni
4 min

E venne il giorno dell’apertura delle buste. La 1, la 2 e la “trà”, per dirla alla Mike Bongiorno, contengono le off erte dei vari broadcaster per il triennio 2021-2024 di un calcio in drammatica sofferenza. Proprio ieri, con un tempismo degno del miglior Vierchowod, Andrea Agnelli ha aggiunto il carico da undici stimando in sede Eca perdite per oltre 7 miliardi («quest’anno sarà peggiore del 2020»).

Tante sono le domande - dalle più elementari alle più tecniche e maliziose - che hanno accompagnato uno dei momenti più importanti per il calcio italiano, quello che può indicarne e segnarne il futuro: dove potremo vedere le partite di serie A? Su Sky, 8 miliardi versati nelle casse dei club da quando trasmette le dirette? Più che probabile, ma quante poi? Duecentosessantasei - sette a giornata - come nell’ultimo triennio? Di sicuro non 380 come fino al 2018. Dazn sarà ancora presente in Italia? Amazon, che è entrata in Champions, ha davvero intenzione di investire sul campionato? E Tim, e gli altri soggetti? E Mediapro, dopo i trionfi francesi (aridatece Canal+!)? La Lega si tufferà sul serio nel canale? Se la giornata dovesse risolversi come quella dei diritti internazionali, chi in piena pandemia applaudì il Consiglio di Stato quando negò l’esclusiva internet a Sky sarebbe colto da rimorso? Ma, soprattutto, i presidenti che hanno chiesto e ottenuto di ritardare di una settimana la decisione sull’ingresso dei fondi d’investimento nell’attesa di verifi care quanti soldi ci fossero nelle buste, non avranno per caso fatto una cazzata? Mi spiego meglio: se l’offerta dovesse risultare inferiore alla domanda della Lega (1.150 milioni l’anno) e i fondi seminassero dei dubbi sul valore di mercato del campionato, i No Fund come reagirebbero? Si prenderebbero a bottigliate sugli zebedei?

Da troppo tempo si sta giocando sulla pelle del calcio una partita rischiosissima tra chi spera di cambiare il sistema mettendo subito qualche toppa per dargli in seguito un’impronta manageriale e chi non vuole assolutamente toccare lo status quo pensando di essere in grado di uscire da solo da una crisi epocale.

«Vogliamo avvicinarci al futuro con una prospettiva nostalgica o progressista?» l’ultima domanda, questa volta posta da Agnelli, che ha aggiunto: «È nostro dovere pensare al futuro affinché il calcio resti, nei prossimi decenni, lo sport più popolare al mondo. Abbiamo un pubblico molto più segmentato rispetto al passato. La Generazione Z fra meno di cinque anni diventerà il consumatore e dobbiamo chiederci: quello che viene offerto loro in questo momento è quello che vogliono? Dobbiamo fornire loro competizioni entusiasmanti».

Premesso che non sono favorevole alla Superlega (ma neppure a Infantino), azzardo una previsione: se le cose non cambieranno, entro il 2021 almeno quattro, se non cinque, club italiani di A avranno un nuovo proprietario. O saranno falliti.

La via Atalanta
Da un futuro oscuro a un presente più chiaro: dai fondi alla Coppa Italia che, dopo l’Inter, ha promosso l’Atalanta, la Juve e stasera completa il quadro delle semifinaliste con la vincente tra Napoli e Spezia. Il contemporaneo impiego di Dragusin, Frabotta e Fagioli da parte di Pirlo una gradevole suggestione, la continuità dell’Atalanta, l’unico club italiano in grado di unire i risultati sportivi a quelli economici, l’esempio da seguire: anche da noi si può fare ottimo calcio, risultando più che competitivi in Europa e fottendosene del fatturato degli altri.


© RIPRODUZIONE RISERVATA